di Giulia Affer e Carolina Citterio

Introduzione

Il presente contributo tratta della tutela giuridica e, nello specifico, della tutela di proprietà intellettuale degli archivi della moda e dei loro contenuti.

Sebbene non esista, ad oggi, alcuna normativa nazionale e/o sovranazionale che regoli la tutela degli archivi della moda, gli stessi costituiscono degli asset di grande valore per le case di moda, anche nel contesto di operazioni di fusione e acquisizione societaria, di cui possono rappresentare parte rilevante del prezzo.

Per questo motivo, è interessante comprendere come gli attuali principi regolatori e le attuali norme vigenti in materia di proprietà intellettuale possano applicarsi agli archivi della moda e ai loro contenuti.

Come si tratterà nel corpo del contributo, questa operazione ermeneutica porta a concludere che gli archivi di moda non siano tutelabili in quanto tali, se non in via analogica rispetto ad altre opere dell’ingegno e solo in presenza di determinati requisiti, ma sono certamente tutelabili singolarmente le diverse tipologie di opere che possono comporre un archivio di moda, attraverso vari titoli di proprietà intellettuale.

Brevi cenni sugli archivi della moda in Italia e su alcune iniziative istituzionali per la loro tutela

Come definito dal Consiglio Internazionale degli Archivi (“ICA[1]): “gli archivi sono i sottoprodotti documentali dell'attività umana conservati per il loro valore a lungo termine. I documenti creati nel corso della vita quotidiana e delle azioni di individui e organizzazioni offrono una visione diretta degli eventi passati”.

Presenti in tutto il mondo e in diversi settori merceologici, gli archivi pubblici e privati contengono fonti di inestimabile valore sulla storia dell’arte, cultura, politica e società di un Paese. Per quanto riguarda l’Italia, nonostante l’innegabile impatto delle maison italiane sull’economica e sulla società italiana, nel Novecento il riconoscimento dell’importanza della documentazione relativa alla storia della produzione di moda e della sua industria ha tardato a maturare, causandone spesso la perdita parziale o totale[2].

In tempi recenti, come già sostenuto da Margaret Cross Norton[3] nel 1945, si assiste a un’inversione di tendenza, che ha visto nascere numerose iniziative, anche istituzionali, volte a sensibilizzare le imprese sull’importanza della conservazione archivistica, incoraggiandole ad adottare misure adeguate per la conservazione e la salvaguardia del proprio patrimonio storico-culturale[4].

Nel 2009 la Direzione Generale per gli Archivi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana) hanno promosso un progetto per la creazione, su scala nazionale, del sito “Archivi della Moda del Novecento” nell’ambito del SAN, il Sistema Archivistico Nazionale italiano, al fine di individuare un’ampia gamma di fonti archivistiche finora inesplorate nel mondo della moda italiana e per valorizzarle e consentirne l’accesso e la fruizione da parte del pubblico. Il Portale degli Archivi della Moda è stato lanciato il 14 novembre 2011 presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma.

Fra le altre iniziative istituzionali per la valorizzazione degli archivi d’impresa in generale, non solo riguardanti la moda, si ricordano poi il Centro per la Cultura d’Impresa, il Museimpresa e il Portale Archivi d’Impresa. Il primo, istituito nel 1991 presso la Camera di Commercio di Milano, consiste in un’organizzazione non-profit di diritto privato, riconosciuta dal Ministero per i Beni Culturali[5], il cui obiettivo è quello di supportare le aziende nella creazione dei propri musei d’impresa, nonché di tutelare e valorizzare il patrimonio

documentale dei propri soci attraverso la costituzione di archivi audiovisivi e fotografici dedicati alle attività imprenditoriali[6].

Il Museimpresa, promosso da Assolombarda e Confindustria nel 2001, ha come obiettivi, inter alia, la promozione della politica culturale delle imprese attraverso la creazione di relativi archivi e musei, nonché il potenziamento dell’interazione tra imprese e archivi operanti sul territorio nazionale e internazionale, in vista di progetti di valorizzazione comuni[7].

Infine, tramite il Portale Archivi di Impresa, inaugurato il 24 giugno 2011 dal MiBACT, è stata costituita una banca dati per la catalogazione e conservazione degli archivi storici delle imprese italiane, sia pubbliche sia private. Il Portale consente di accedere a un’ampia gamma di fonti archivistiche e bibliografiche che comprendono testi, immagini, audio, video, conservati e messi a disposizione dagli archivi delle grandi, medie e piccole imprese italiane[8].

La tutela della Proprietà Intellettuale sugli archivi di moda

Come anticipato, un archivio di moda comprende un complesso di beni estremamente eterogenei, tutti accumunati dal fatto di costituire una parte rilevante del patrimonio storico ed artistico della maison. Fra le opere che si possono trovare all’interno degli archivi di moda vi sono capi di abbigliamento iconici e collezioni storiche (create grazie alla collaborazione di celebri artisti, stilisti e creativi), disegni, modelli, progetti, prototipi, schizzi, tessuti, opere d’arte, stampe, fotografie, ritratti, repertori di passerelle, filmati di backstage, campagne fotografiche, scambi di lettere, corrispondenza, cataloghi di prodotti, elenchi storici di clienti, testimonianze di legami con celebrità, documenti societari e molti altri materiali.

L’eterogeneità dei contenuti degli archivi di moda permette di ipotizzare un vasto ventaglio di tutele in relazione alle caratteristiche di ogni componente.

La tutela delle singole opere che compongono l’archivio non coincide tuttavia con la tutela della raccolta in quanto tale, la quale, come si vedrà, può essere derivata soltanto in via analogica rispetto alla disciplina di altre opere ed è ammessa solo in presenza di determinati requisiti.

Diritto d’autore

Il primo titolo di proprietà intellettuale potenzialmente applicabile alle opere contenute negli archivi di moda è il diritto d’autore, regolato in Italia dalla L. n. 633/1941 (“l.d.a.”). Il diritto d’autore protegge le opere dell’ingegno che abbiano un carattere creativo, che siano nuove[9] e che appartengano ai vari settori in cui si è storicamente espresso l’estro umano, quali letteratura, musica, arti figurative, architettura, teatro e cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione[10]. In seguito, al “nucleo storico” del diritto d’autore sono state aggiunte numerose opere espressamente tutelabili, quali in primo luogo, la fotografia, seguita dai programmi per elaboratore (software) e banche dati e, infine, dal design industriale[11].

Dunque, sebbene il diritto d’autore non protegga un capo d’abbigliamento, una calzatura o un accessorio in quanto tali, le istruzioni grafico-testuali per la loro riproduzione su scala industriale (e, dunque, il design industriale) potranno essere tutelate mediante la protezione autorale, come si vedrà, particolarmente intensa se comparata ad altri titoli di proprietà industriale.

L’art. 2, comma 1, n. 10 l.d.a. afferma che sono tutelabili le “opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”. Il requisito del carattere creativo sussiste laddove l’opera presenti un certo gradiente di originalità – da non confondere con la qualità o la levatura artistica dell’opera, che possono essere anche modeste – e rifletta la personalità del suo autore[12].

Il requisito del valore artistico, richiesto per le sole opere del design industriale, è da sempre stato interpretato restrittivamente dalla giurisprudenza italiana, ed è desumibile da indicatori oggettivi quali il riconoscimento della sussistenza di qualità estetiche e ed artistiche da parte degli ambienti culturali e istituzionali, l’esposizione in mostre e musei, la creazione per mano di un noto artista, la pubblicazione su riviste specializzate, l’attribuzione di premi e riconoscimenti di tenore artistico e il raggiungimento di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato ai costi di produzione e alle funzionalità del prodotto[13].

Dunque, il fatto che un capo di abbigliamento o un accessorio di moda siano destinati alla riproduzione su scala industriale non impedisce, di per sé, che gli stessi possano essere tutelati mediante diritto d’autore[14]. Il vantaggio della protezione autorale rispetto ad altri titoli di proprietà industriale consiste innanzitutto nella durata del titolo, che in Italia corrisponde a settant’anni dalla morte dell’autore (rispetto a quella dei disegni e modelli che, come si vedrà, è di cinque anni, rinnovabili fino a venticinque anni dalla data di deposito), nonché nell’assenza dell’obbligo di registrazione ai fini della costituzione del titolo. Ciò significa che le case di moda, nel riporre nei propri archivi disegni o modelli dovranno accertarsi che gli stessi siano registrati e che la registrazione sia rinnovata ogni cinque anni, mentre, nel caso di opere di disegno industriale aventi carattere creativo e valore artistico, la tutela autorale sorgerà automaticamente al momento della creazione, senza che sia necessaria alcuna formalità costitutiva (es. deposito; concessione di autorità amministrativa). Ciò assume particolare rilevanza nell’ambito degli archivi di moda, spesso contenenti capi e modelli iconici, realizzati da grandi stilisti e modellisti, dunque, almeno in astratto, dotati di carattere creativo e di valore artistico come interpretati dalla giurisprudenza italiana[15]. Si pensi alla Décolleté di Ferragamo, resa celebre da Marilyn Monroe e i cui vari modelli e prototipi – insieme alle prove degli ordini effettuati dall’attrice e alle forme in legno della sua calzata – sono oggi conservati nell’archivio storico della maison fiorentina[16].

La tutela autorale è sia cumulabile con la specifica protezione dei disegni o modelli[17] sia alternativa nella misura in cui il disegno di un prodotto non possieda i requisiti previsti dalle norme in materia di disegni e modelli (analizzati nel prosieguo). Inoltre, laddove il disegno di un capo o un accessorio di moda sia stato realizzato per la produzione artigianale, in pezzi unici e non destinato alla produzione seriale, se dotato di carattere creativo e nuovo, lo stesso potrà godere di piena protezione autorale quale opera dell’arte del disegno” ai sensi dell’Art. 2, comma 1, n. 4 l.d.a., senza alcuna valutazione circa il suo valore artistico.

Oltre al design di capi d’abbigliamento, calzature o accessori iconici, all’interno degli archivi di moda è possibile riscontrare la presenza di ulteriori opere potenzialmente proteggibili mediante diritto d’autore, tra cui, oltre alle citate opere del disegno non industriale e relativi schizzi, opere d’arte, video e fotografie.

In particolare, per quanto riguarda le fotografie, la legge italiana attribuisce alle stesse un duplice livello di protezione, distinguendo tra opere fotografiche e fotografie semplici. Le opere fotografiche, dotate di carattere creativo, inteso come espressione della personale impronta del fotografo, possono godere della tutela piena del diritto d’autore primario, mentre le semplici fotografie, ossia mere riproduzioni della realtà, prive di carattere creativo, sono tutelabili solo mediante diritti connessi (volti a proteggere – con minor intensità e durata – contributi non creativi e tuttavia indispensabili per la diffusione e fruizione dell’opera)[18].  Dunque, qualora all’interno di un archivio di moda si ritrovino, per esempio, scatti iconici di celebri fotografi di moda, campagne fotografiche o reportage di celebri sfilate, gli stessi potranno essere tutelati, a seconda del gradiente creativo presente in essi, quali opere fotografiche o semplici fotografie.

Disegni e modelli

La forma esteriore, intesa come l’“aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo ornamento[19], di un oggetto presente in un archivio di moda può essere protetta anche mediante la registrazione di disegni e modelli.

Anche se il termine design è ormai di comune impiego per riferirsi sia a creazioni bidimensionali sia tridimensionali la legge distingue tra: disegni, ossia rappresentazioni bidimensionali, quali – nel caso di un archivio di moda – disegni raffiguranti un capo di moda, disegni riprodotti su tessuti, decorazioni o caratteri tipografici; e modelli, che tutelano l’aspetto tridimensionale di un prodotto, quale la forma di abito, di una scarpa, di una borsa o di un gioiello o altro accessorio. Si pensi al modello registrato da Dior per gli occhiali da sole "DiorSoreal" presenti anche ne La Galerie Dio[20].

I requisiti per la protezione di un disegno o modello, tanto a livello nazionale quanto comunitario[21], sono la novità, liceità e carattere individuale: un disegno o modello è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente alla data di deposito della domanda di registrazione; ha carattere individuale se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato (soggetto dotato di una conoscenza media di un certo settore) differisce in modo significativo dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello precedentemente divulgato al pubblico; ed è lecito se non contrario all’ordine pubblico e al buon costume.

Come detto, a differenza del diritto d’autore, la tutela conferita dai disegni e modelli si ottiene in virtù della registrazione. La stessa deve essere necessariamente compiuta entro un termine di dodici mesi dalla prima divulgazione del disegno o modello e ha una durata massima di cinque anni, prorogabili per uno o più periodi di cinque anni fino ad un massimo di venticinque anni. Solo in ambito europeo è ammessa una tutela provvisoria di tre anni (senza possibilità di rinnovo) ai disegni e modelli non registrati, purché siano stati divulgati al pubblico e possiedano i medesimi requisiti di protezione previsti per i disegni o modelli registrati[22] .Questa forma di protezione breve – decorrente dalla data di divulgazione al pubblico – può essere adatta alle collezioni di moda, che spesso seguono cicli stagionali e richiedono un rinnovamento costante dei capi, ma, in ambito archivistico, potrebbe comportare la presenza all’interno di archivi della moda di disegni o modelli non più proteggibili mediante questa specifica forma di tutela.

Tuttavia, anche in assenza dei requisiti richiamati (o, se presenti, in aggiunta alla protezione offerta in materia di disegni e modelli), gli stessi prodotti potrebbero essere, come detto, tutelabili mediante diritto d’autore, se dotati di carattere creativo e, nel caso di design ideati per la produzione industriale, di valore artistico.

Marchi

La disciplina nazionale in materia di marchi è contenuta nel c.p.i. (Artt. 7-28) e gli artt. 2569-2574 del Codice Civile (“c.c.”). In particolare, gli articoli 12, 13 e 14 del c.p.i., coerentemente con quanto previsto dal Regolamento UE n. 1001/2017 in tema di marchio europeo, sanciscono che un marchio, per essere registrato, deve possedere i requisiti di novità, di capacità distintiva e liceità.

Un marchio è nuovo quando non sono già presenti sul mercato segni identici o simili volti a contraddistinguere prodotti o servizi identici o affini a quelli per i quali si chiede la registrazione; ha capacità distintiva quando non consiste in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o di settore e non è costituito da denominazioni generiche o descrittive di prodotti o servizi (es. “pochette” per una borsa); ed è lecito se non è contrario all’ordine pubblico o al buon costume.

A differenza del diritto d’autore, il marchio necessita di registrazione per essere tutelato. La protezione ha durata decennale, rinnovabile ogni dieci anni senza limiti di tempo e l’utilizzo del marchio non può cessare per più di cinque anni consecutivi, pena la possibile decadenza del titolo per non uso.

Nell’ordinamento italiano è riconosciuta tutela anche a tipologie di marchi cd. “non convenzionali”, particolarmente rilevanti nel settore della moda, quali marchi di forma[23], di colore[24], di posizione[25].

Con riguardo, nello specifico, ai marchi di forma, la giurisprudenza ha evidenziato come, in concreto, possa risultare più difficile dimostrare il carattere distintivo di un marchio di forma rispetto a quello di un marchio verbale o figurativo[26]. Ciò in quanto, per il consumatore medio, è inusuale presumere l’origine dei prodotti sulla base della loro forma o confezione, sicché la percezione del segno di forma è solitamente minore rispetto a quella di un segno tradizionale. Di conseguenza, solo un marchio di forma che si discosti in maniera significativa dagli usi del settore di riferimento può considerarsi dotato di capacità distintiva.

Nel mondo della moda, tuttavia, la forma di un prodotto può assumere valenza centrale e può essere un indizio inequivocabile della provenienza del prodotto da una determinata maison.

Nel 2010 il Tribunale di Torino, in una controversia riguardante la forma delle borse Birkin e Kelly della casa di moda Hermès, aveva ha ritenuto che, in materia di borse, non si potesse affermare che il valore attrattivo del prodotto fosse dovuto esclusivamente alla sua forma e che le suddette forme fossero prive di carattere distintivo rendendo nulli i marchi che le ritraevano[27].

Recentemente, al contrario, la giurisprudenza ha considerato dotata di capacità distintiva la forma della borsa Le Pliage di Longchamp[28], per le modalità di presentazione del marchio ma anche per la percezione che questa ormai riscontra nel pubblico. Si noti anche che nello stesso procedimento alla borsa della maison francese è stata negata tutela autorale per la mancata dimostrazione del valore artistico: ciò sottolinea nuovamente come i vari componenti di un archivio di moda, in virtù delle proprie diverse caratteristiche, possano accedere a protezioni differenziate, soprattutto per i requisiti imposti, spesso complementari.

Forma della borsa Le Pilage di Longchamp[29]

La protezione offerta dal marchio è particolarmente forte, in quanto potenzialmente perpetua, e adatta dunque a tutelare, ad esempio, particolari scelte cromatiche, di forma o di posizionamento, conservate nei modelli presenti negli archivi di moda e divenute col tempo vero e proprio “marchio di fabbrica” di una determinata maison.

Si pensi alla suola rossa delle scarpe Louboutin, riconosciuta come tutelabile quale marchio di posizione dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea[30].

Brevetti

Una delle tutele più forti in materia di proprietà industriale è rappresentata dai brevetti, regolati dagli Artt. 45 a 81 c.p.i. e dagli Artt. 2584-2591 c.c.. Se il diritto d’autore è storicamente nato per tutelare e, così, favorire l’espressione della creatività umana in particolari settori (come arte, musica e letteratura), il brevetto protegge le soluzioni inventive nei più disparati campi della tecnica. Esso svolge così la diversa funzione di incrementare il patrimonio di conoscenze dell’umanità in tali ambiti e, dunque, di stimolo all’innovazione, nella forma di un’esclusiva sullo sfruttamento dell’invenzione – concessa in uno specifico territorio e per un periodo determinato – che vieta ad altri di produrre, vendere o utilizzare quanto oggetto di brevetto, senza l’autorizzazione del titolare[31].

Il brevetto, diversamente dal diritto d’autore e similmente agli altri titoli esaminati, necessita di registrazione, concessa, per un massino di vent’anni (non rinnovabili), solo in presenza di determinati requisiti previsti dall’Art. 45 c.p.i., cioè novità, altezza inventiva, industrialità e liceità. Un’invenzione è nuova se non è ricompresa nello stato della tecnica[32]; è originale, e dunque dotata di altezza inventiva, se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica; ed è dotata di industrialità e liceità, se è suscettibile di applicazione industriale e la sua attuazione o pubblicazione non siano contrarie all’ordine pubblico o al buon costume.

Dunque, per essere brevettata, un’invenzione deve consistere in una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico. L’oggetto dell’invenzione (trovato) può essere un prodotto materiale oppure un metodo di produzione di beni o di realizzazione di un servizio.

Nell’ambito della moda un brevetto potrebbe essere concesso per particolari forme funzionali[33], per particolari tessuti, come ad esempio un tessuto tecnico o per processi di tintura o produzione sostenibile (si pensi al celebre brand Gore-Tex che nel 1970 ottenne il primo di molti brevetti sull’omonimo tessuto[34]).

Un esempio interessante che coniuga il tema degli archivi della moda con i diritti di brevetto è quello della nota casa di moda Ferragamo. Nella propria autobiografia, Salvatore Ferragamo sosteneva di avere nei suoi archivi “più di ventimila modelli e più di 350 brevetti[35]; alcuni di questi brevetti sono stati recentemente recuperati dall’Archivio Centrale dello Stato, sito in Roma, dove, sotto il nome Salvatore Ferragamo, è stato reperito il più alto numero di brevetti nella sezione dedicata alle calzature, a riprova di quanto affermato dallo stilista nella propria autobiografia[36]. Una delle creazioni più famose di Ferragamo è stata la “zeppa” brevettata nel 1937, progettata con un fine funzionale, ossia sopraelevare il tallone e dare sia al tallone sia all’arco del piede un supporto stabile, non rinunciando però all’estetica del tacco.

Nel dopoguerra, un’altra celebre creazione di Ferragamo fu il “sandalo invisibile”, brevettato nel 1947, la cui peculiarità risiedeva in una tomaia a filo continuo, costituito da un elemento filiforme trasparente di nylon avvolto attorno al tacco e che rese a Ferragamo il celebre premio Neiman Marcus. Infine, tra le numerose calzature brevettate, spicca la celebre “suola a conchiglia” realizzata nel 1957, che, salendo sulla tomaia e sul tallone, assicura una maggiore stabilità alla calzatura e, per questo motivo, fu in seguito impiegata per realizzare ballerine, décolleté e punte da danza classica. 

Brevetto per invenzione del 17 ottobre 1947 e il "Sandalo invisibile" di Ferragamo, Museo Salvatore Ferragamo, Firenze[37]

 

Brevetto per invenzione del 4 ottobre 1957[38]

Dunque, nonostante i requisiti di brevettazione e, in particolare, la necessaria soluzione di un problema tecnico, rendano questa forma di protezione meno adatta a un settore in cui l’aspetto estetico è spesso prioritario[39], la tutela brevettuale, laddove raggiunta, rappresenta uno strumento particolarmente forte in caso di contraffazione, molto comune nel settore della moda. La relativa durata del titolo lo rende ancora più efficace nel caso di modelli divenuti iconici col tempo e conservati negli archivi di moda, i quali, anche se non più (o mai) protetti da brevetto, costituiscono una preziosa fonte d’ispirazione per gli stilisti e disegnatori di oggi, che spesso creano le proprie collezioni partendo dagli archivi e quale omaggio alla loro storia.

Concorrenza sleale

Nell’eventualità in cui il patrimonio contenuto negli archivi di moda non possa essere tutelato mediante nessuno dei titoli di proprietà intellettuale sopra descritti (eventualità remota data l’eterogeneità del contenuto degli archivi), si potrà in ogni caso ricorrere alla disciplina della concorrenza sleale, di cui Art. 2598 c.c.. Lo stesso prevede un elenco, non tassativo, di condotte illecite sotto il profilo concorrenziale, quali: il compiere atti idonei a produrre confusione con i prodotti o i servizi di un competitor[40] (concorrenza sleale per confusione); l’appropriarsi dei pregi dei prodotti di un concorrente o diffondere notizie o apprezzamenti idonei a determinare il discredito di un concorrente (concorrenza sleale denigratoria o per vanteria)[41]¸ o l’avvalersi di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda[42].

Una forma di concorrenza sleale molto comune nel mondo della moda è la concorrenza sleale parassitaria[43], che consiste nella sistematica imitazione di tutti gli aspetti dell’attività imprenditoriale di un concorrente, con l’adozione più o meno immediata di ogni sua iniziativa, non limitandosi a copiare un unico prodotto[44].

Dunque, nella misura in cui un concorrente, anche attingendo al patrimonio identitario di una maison, spesso contenuto negli archivi, ne imiti gli iconici prodotti o, in varia misura, tenti di seguire le orme della stessa e di porsi nel solco del suo prestigio, la disciplina della concorrenza sleale può rappresentare una valida strategia di difesa del proprio retaggio e dei propri investimenti.

Tutela dell’archivio di moda in quanto tale

Una volta vagliata la possibile applicazione dei vari titoli di proprietà intellettuale alle opere incluse negli archivi di moda, la domanda da porsi è se questi ultimi siano tutelabili in quanto tali.

Come detto, non vi è alcuna previsione a riguardo né nella normativa nazionale né sovranazionale. Tuttavia, applicando analogicamente l’orientamento che ritiene tutelabili mediante diritto d’autore le mostre e esposizioni artistiche, si potrebbe sostenere che anche un archivio di moda possa essere tutelato ai sensi della l.d.a.. La stessa, come detto, contiene un elenco non tassativo di opere tutelabili, suscettibile di includere anche opere atipiche, non espressamente contemplate[45].

In più occasioni, i giudici italiani hanno riconosciuto che una mostra in sé, aldilà delle singole opere in essa contenute, possa essere tutelata ai sensi del diritto d’autore. Ciò, solo nella misura in cui la mostra sia dotata di carattere creativo[46], inteso quale espressione della personalità e particolare sensibilità artistica del curatore. Nel caso di una mostra, l’espressione della personalità del curatore dovrà essere valutata sulla base di elementi estrinseci[47] quali la scelta delle opere esposte o la precisa ed originale collocazione e disposizione delle opere.

Dal riconoscimento delle mostre quali opere dell’ingegno, alle condizioni sopra riportate, discende l’attribuzione dei diritti morali d’autore in capo al curatore e dei diritti di sfruttamento economico del format della mostra in capo all’organizzatore/ente espositivo, in forza di contratto o rapporto di commissione. Dunque, in via analogica, laddove un archivio di moda presenti elementi di originalità e novità nella scelta, organizzazione e soprattutto nell’individualità espositiva delle opere, potrebbe ritenersi che lo stesso sia tutelabile ai sensi del diritto d’autore. Nell’attesa che un tribunale avvalli o confuti tale ricostruzione, con un ulteriore sforzo interpretativo gli archivi di moda potrebbero essere ritenuti assimilabili a banche dati, intese come “raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo[48]. La tutela delle banche di dati ai sensi del diritto d’autore non si estende al loro contenuto, ma lascia impregiudicati diritti esistenti su tale contenuto, ed è riservata alle sole banche di dati che, per la scelta o la disposizione del materiale, costituiscono una creazione intellettuale dell’autore[49].

Se la scelta dei materiali o la struttura della banca dati non rappresentano invece una creazione originale, la stessa potrà essere tutelata in forza di un diritto sui generis[50], riconosciuto al “costitutore” della banca dati, laddove lo stesso abbia sostenuto ingenti investimenti[51] per la costituzione della stessa e la catalogazione delle informazioni ivi contenute (art. 102-bis, co. 1) l.d.a..

Il diritto sui generis nasce in capo al costitutore, che può essere anche una persona giuridica – dunque, nel paragone qui effettuato, una casa di moda – e ha una durata di quindici anni dal completamento della costituzione della banca dati, rinnovabile per ulteriori quindici anni nel caso in cui al contenuto della banca dati vengano apportate modifiche o integrazioni sostanziali comportanti nuovi investimenti rilevanti.

Rilevanza degli archivi della moda nelle operazioni societarie

Come ricordato in apertura del presente contributo, gli archivi della moda, al di fuori dei temi di stretta proprietà intellettuale, possono rappresentare degli asset di ingente valore per le case di moda, valore potenzialmente rigenerabile attraverso la messa in atto di misure di rilancio commerciale dei loro contenuti. Gli archivi di moda rilevano inoltre nel contesto di operazioni di fusione e acquisizione societaria, di cui possono rappresentare parte del prezzo.

Identificare il valore economico di un archivio è un’operazione complessa, che richiede il coinvolgimento di esperti in grado di stimare il valore dei singoli componenti dell’archivio, come detto appartenenti a diverse categorie merceologiche, e soprattutto, richiede un’attenta operazione di due diligence volta a verificare la titolarità dei diritti di sfruttamento economico sulle opere contenute nell’archivio, di norma attribuiti al committente dell’opera[52].

In via esemplificativa, si noti che in una recente operazione di acquisizione societaria, finalizzata nel marzo 2024, il Gruppo Miroglio ha acquistato integralmente, per circa 35 milioni di Euro, il marchio Trussardi, insieme ad una rete di 15 punti vendita, ai diritti di licenza e all’archivio storico[53].

Conclusioni

In conclusione, l’attenzione nel salvaguardare la memoria storica della moda mediante la creazione di archivi e musei, sia fisici sia virtuali, dimostra lo stretto rapporto tra creatività e imprenditorialità presente nel settore della moda. Un aspetto cruciale del processo di creazione e conservazione degli archivi non può che essere l’analisi relativa alla tutelabilità delle opere affidate alla conservazione in archivio mediante i diritti di proprietà intellettuale. Questi ultimi, eterogenei quanto le componenti di un archivio di moda, costituiscono un valido strumento di tutela contro iniziative illecite di concorrenti o imitatori e possono contribuire a incrementare il valore dell’archivio e a proteggere il prezioso retaggio ivi contenuto.


Giulia Affer ha maturato una vasta esperienza nell’assistenza e nella consulenza sia giudiziale che stragiudiziale a clienti italiani ed esteri in relazione alle tematiche commerciali e relative alla protezione dei diritti IP. Le sue competenze, che abbracciano diversi ambiti legali, le permettono di avere una spiccata comprensione della materia e di offrire soluzioni personalizzate sulle necessità dei clienti. L’esperienza di Giulia Affer spazia dalla negoziazione e redazione di accordi commerciali all’assistenza nella composizione delle controversie. Affer svolge regolarmente corsi di approfondimento e aggiornamento per società. È stata anche speaker a convegni sul tema del packaging, franchising e invenzioni dei dipendenti. Ha iniziato la sua collaborazione in Trevisan & Cuonzo nel 2006.

Carolina Citterio Carolina è entrata a far parte dello studio Trevisan & Cuonzo nel 2022, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza con una tesi in Diritto Industriale e d'Autore e Informatica giuridica, sulle opere d'arte, musicali, cinematografiche e invenzioni brevettabili generate da Intelligenze Artificiali. Collabora prevalentemente nel contenzioso in materia di marchi e diritto d’autore, nelle procedure di opposizione di registrazione marchi, oltre ad occuparsi di questioni stragiudiziali e contrattuali in materia di IP.


[1] Il Consiglio internazionale degli archivi è un’organizzazione internazionale fondata nel giugno 1949 in seno all’UNESCO, che ha quale scopo istituzionale assicurare la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio archivistico mondiale.

[2] Cfr. M. CANELLA, Archives for studying the relationship between fashion, society and politics in Italy, in Contemporanea, Rivista di storia dell'800 e del '900, 04/2017, pagg. 699-705, doi: 10.1409/88348.

[3] Cfr. M. CROSS NORTON, Some Legal Aspects of Archives, in The American Archivist, 08/1945, pagg. 1-11. Margaret Cross Norton è stata la prima archivista di stato dell’Illinois dal 1922 al 1957 e co-fondatrice della Society of American Archivists nel 1936.

[4] Cfr. M. CANELLA, op. cit, pagg. 699-705, doi: 10.1409/88348

[5] Con d.m. n. 258/1997

[6] Cfr. Sito ufficiale Centro per la cultura di Impresa, https://www.culturadimpresa.org/il-centro-per-la-cultura-dimpresa/

[7] Cfr. Sito ufficiale Museimpresa, https://museimpresa.com/chi-siamo/

[8] Cfr. Sito ufficiale Archivi di Impresa,

https://www.imprese.san.beniculturali.it/web/imprese/progetto/portale

[9] L’opera, per essere protetta, non deve essere solo creativa, ma nuova per il soggetto che la crea (che quindi non deve averla copiata) e non invece nuova in senso storico-oggettivo (e cioè che si discosta considerevolmente dal patrimonio intellettuale precedente, cfr. Trib. Torino 14.03.2014)

[10] Cfr. Art. 1 l.d.a.. A seguire, l’Art. 2 l.d.a. prevede una lunga elencazione delle opere protette (attinenti alla letteratura, alla musica, arte, architettura, cinematografia etc.) di carattere non tassativo

[11] Da intendersi come la combinazione degli elementi che compongono l’aspetto esteriore di un prodotto destinato a essere fabbricato e replicato in serie, quali linee, contorni, colori, forma, struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto o del suo ornamento (cfr. Trevisan & Cuonzo, Proprietà industriale, intellettuale e IT, Wolters Kluwer Italia, 2022)

[12] Cfr. G. GHIDINI, Profili evolutivi del Diritto Industriale, Giuffrè, 2015, pagg. 213 - 215 

[13] Cfr. ex multis, Cass. civ. n. 658/2018

[14] Cfr. Cass. civ. n. 7477/2017

[15] Si noti che la scelta del legislatore italiano di prevedere il requisito aggiuntivo del valore artistico per le sole opere dell’industrial design – laddove, come detto, per gli altri tipi di opere è sufficiente il carattere creativo – è apertamente in contrasto con quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella celebre sentenza Cofemel (CGUE, 12 settembre 2019, in causa C-683/17), la quale è intervenuta sul tema dell’accesso alla tutela autorale per i disegni e modelli e sulla legittimità della previsione da parte degli ordinamenti nazionali di un requisito ulteriore come quello del valore artistico. In tale sentenza, la Corte ha statuito che l’effetto estetico, di per sé, nulla rileva ed esso non può considerarsi un requisito idoneo a fondare il giudizio relativo alla concessione della tutela autorale in quanto collegato ad “un effetto visito soggettivamente rilevante

[16] Cfr. la sezione dedicata all’Archivio storico Ferragamo, presente nel sito web della Fondazione Ferragamo, nonché il tour virtuale dell’archivio disponibile al seguente link: https://fondazione.ferragamo.com/it/virtual-tour.

[17] Mediante il principio del cd. “cumulo”, enucleato dall’Art. 96, comma 2, del Regolamento (CE) n. 6/2002, in forza del quale, alla scadenza della tutela prevista per il disegno o modello, il design che incontri i requisiti di cui all’art. 2, comma 1, n. 10 l.d.a. – carattere creativo e valore artistico – possa continuare a godere della tutela prevista dal diritto d’autore. L’esigenza di tutelare il più a lungo possibile un prodotto di moda è senza dubbio sentita in tema di archivi storici della moda, i cui componenti sono spesso risalenti nel tempo

[18] Le semplici fotografie, difatti, attribuiscono all’autore il diritto esclusivo di riproduzione e diffusione della fotografia solo se rientrano nella categoria delle fotografie “protette”, cioè dotate di tutti i requisiti previsti dall’art. 90 l.d.a., quali il nome del fotografo, la data di produzione della fotografia e, nel caso di riproduzioni di opere d’arte, il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata

[19] Cfr. Art. 31, comma 1, Decreto Legislativo del 10 febbraio 2005, n. 30 “c.p.i.

[20] Modello europeo n. 002431775-0002 registrato il 25.03.2014 (cfr. banca dati online EUIPO al seguente link: https://euipo.europa.eu/eSearch/#details/designs/002431775-0002 e il sito web de La Galerie Dior (al seguente link: https://www.galeriedior.com/it.

[21] Cfr. Artt. 32, 33 e 33-bis c.p.i. e Artt. 4, 5, 6 e 9 Regolamento (CE) n. 6/2002

[22] Cfr. Art. 11 Regolamento (CE) n. 6/2002. Questa possibilità, come detto, non è prevista dalla normativa italiana, che non conosce la tutela del disegno o modello “non registrato”

[23] Ai sensi degli Artt. 7 e 9 c.p.i., la forma di un prodotto può essere registrata come marchio solo laddove il segno non sia costituito esclusivamente: dalla forma, o altra caratteristica, imposta dalla natura stessa del prodotto; dalla forma, o altra caratteristica, del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico; dalla forma, o altra caratteristica, che dà un valore sostanziale al prodotto.

[24] I marchi di colore sono composti da uno specifico colore o da una particolare combinazione cromatica che non comprenda scritte o immagini. Celebri esempi di marchi di colore registrati nel mondo della moda sono il turchese di Tiffany e l’arancione di Hermès.

[25] La registrazione di un marchio di posizione ha ad oggetto la modalità specifica di posizionamento o apposizione dello stesso sui prodotti. Nella celebre decisione Adidas (C-145/2014) la Corte di Giustizia dell’UE ha statuito che sia la posizione peculiare sia il numero di strisce presenti sulla nota sneaker Adidas siano elementi sufficienti ad escludere il rischio di confusione con altre sneaker

[26] Cfr. Trib. Roma, Sez. spec. Impresa, n. 12241 del 12.08.2023.

[27] Cfr. Trib. Torino, Sez. spec. Impresa, 14.05.2010

[28] Cfr. Trib. Milano, Sez. spec. Impresa n. 10280 del 13.12.2021 e Trib. Milano, Sez. spec. Impresa, n. 27 del 8.01.2024.

[29] Immagini tratte da Trib. Milano, Sez. spec. Impresa, n. 27 del 08.01.2024

[30] Cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, C-163/16 del 12.06.2018

[31] Cfr. Patent Cooperation Treaty, 1970, Preambolo

[32] Valutato al momento del deposito della domanda di brevetto

[33] Come detto, non proteggibili quali marchi di forma

[34] Cfr. Sito web Gore-Tex al seguente link: https://www.gore-tex.com/it/chi-siamo/storia.

[35] Cfr. S. FERRAGAMO, Il calzolaio dei sogni, Londra 1947, ed. italiana Sansoni 1971, pag. 68, la citazione completa recita: “Oggi ho più di ventimila modelli in archivio e più di 350 brevetti, alcuni dei quali sono stati utilizzati ed altri lo saranno quando il mondo si renderà conto della bellezza dei modelli

[36] Cfr. MUSEO SALVATORE FERRAGAMO, Idee, modelli, invenzioni. I brevetti e i marchi di impresa di Salvatore Ferragamo dal 1929 al 1964,       Catalogo            della mostra.    ed.       2024,    pag.      3          e s.s.

consultabile al  seguente link: chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://museo.ferragamo.com/resource/blob/423206/9267c9bea71b5846d12545 05313b1ed6/2004-ideas-models-inventions-it-data.pdf.

L’Archivio Centrale dello Stato, sito in Roma, comprende le serie documentarie dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, pari a quasi 900.000 fascicoli, di cui 171.000 fascicoli relativi ai marchi di impresa dal 1869 al 1956 e 613.000 brevetti per invenzione dal 1855 al 1961

[37] Cfr. Ibidem

[38] Cfr.  Sito web Archivi della moda del novecento, al seguente link:

 https://www.moda.san.beniculturali.it/MibacPdm/asset_view_details.php?assetid=51964

[39] In controtendenza, si richiama la decisione resa nel caso Max Mara vs. Germani dal Tribunale di Milano, Sez. spec. Impresa, n. 472/2016, in cui i giudici hanno riconosciuto che le tasche del paio di jeans modello Perfect Fit di Max Mara possono costituire oggetto di brevetto in quanto risolvono un preciso problema tecnico, ovvero realizzare una tasca tridimensionale che riduce lo schiacciamento del gluteo e aumenta quindi il comfort e la gradevolezza estetica del pantalone

[40] Quali l’utilizzo di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri; oppure imitare servilmente i prodotti di un concorrente (cfr. Art. 2598 c.c., comma 1, n.1 

[41] Cfr. Art. 2598 c.c., comma 1, n. 2

[42] Norma di chiusura a carattere aperto di cui all’ Art. 2598 c.c., comma 1, n. 3

[43] Si pensi al celebre caso Gucci vs. Guess, in cui la Corte d’Appello di Milano – parzialmente riformando la sentenza di primo grado – ha accertato il compimento di condotte di concorrenza parassitaria da parte di Guess, che, secondo la Corte, avrebbe presentato sul mercato prodotti che richiamavano molto – per forma, tonalità, materiale, scelte grafiche o decorative o per la loro combinazione – le scelte stilistiche delle collezioni di Gucci di poco precedenti, attuando una sorta di sistematico e massiccio sfruttamento dell’iniziativa e della creatività altrui

[44] Cfr. Cass. civ. n. 22118/2015 e, ex multis, e Trib. Milano, Sez. XIV, 01.02.2023.

[45] Cfr. Art. 2 l.d.a. e, ex multis, Cass. civ., n. 7397/1990

[46] Cfr. Cass. civ., n. 14060/2015, che riprende il precedente orientamento espresso da Trib. Roma, 04.04.2006, in cui i giudici hanno riconosciuto che gode del, sia pur minimo, gradiente di creatività necessario per la protezione autorale: “il progetto esecutivo di una mostra (nella specie costituito da una relazione sulle finalità, sul programma, sulla promozione, sul piano finanziario dell’evento), che presenti una certa originalità e novità nell’organizzazione intellettuale del lavoro e soprattutto nell’individualità espositiva nell’elaborazione dell’opera”

[47] Ciò in quanto, nel nostro ordinamento, il diritto d’autore non protegge le idee in quanto tali, ma l’estrinsecazione delle idee in particolari forme espressivo-artistiche, innestate su supporti tangibili. La ratio di tale principio è quella di evitare di “monopolizzare” le idee, la cui libera appropriazione favorisce le dinamiche della circolazione e diffusione della cultura, col solo limite di non riprodurre l’idea nella stessa forma artistica in cui altri l’hanno prima concretizzata, in maniera nuova e originale (cfr, ex multis, Trib. Roma, Sez. spec. Impresa, n. 10391 del 10.05.2010). In virtù di tale principio, in passato era stata negata tutela autorale alle mostre in quanto tali, dal momento che “la manifestazione organizzativa si esaurisce in sé stessa e, anche qualora costituisca attuazione di una idea organizzativa a carattere creativo, non si sostanzia in un corpus mechanicum che possa circolare separatamente dall’idea creativa” (Cass. civ., n. 1264/1988). Orientamento oggi superato, come esposto in narrativa

[48] Cfr. Art. 2, comma 1, n. 9 l.d.a..

[49] Cfr. Art. 1, comma 2, l.d.a.. Ciascuno degli elementi che compone la banca dati potrà poi essere protetto mediante diritto d’autore o altri diritti di proprietà intellettuale in presenza dei requisiti richiamati.

[50] Riconosciuto dagli Artt. 102-bis e 102-ter l.d.a

[51] Quando un investimento possa considerarsi rilevante non è peraltro definito nella legge. Si è soliti fare riferimento ai livelli medi dello specifico settore, senza richiedere un livello particolarmente elevato e avendo riguardo a elementi come il tempo, il lavoro, le risorse umane o finanziarie spese o altro, come i costi sostenuti per sviluppare il software per organizzare i dati (cfr. S. LAVAGNINI, sub Art. 102-ter l.d.a., in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, L.C. UBERTAZZI (a cura di), Cedam, VII ed., 2019).

[52] Cfr. Artt. 12 bis, 12 ter e 88 l.d.a. e Art. 64 c.p.i.

[53] Cfr. l’articolo online di F. CAMURATI, Trussardi passa ufficialmente a Miroglio, finalizzata l’acquisizione, blog Milanofinanza.it, consultabile al seguente link: https://www.milanofinanza.it/fashion/trussardi-passa-ufficialmente-a-miroglio-finalizzata-l- acquisizione-202403121036222851.