di Nicola Giuliani

“Il pianeta non ha bisogno di persone di successo. Ha invece un disperato bisogno di pacificatori, guaritori, restauratori, narratori e di persone che amano. Ha bisogno di persone che vivano bene nei loro luoghi, ha bisogno di gente moralmente coraggiosa disposta a unirsi alla lotta per fare del mondo un luogo abitabile e umano. E queste qualità hanno poco a che fare con il successo per come lo intendiamo.”[1]

Margine e marginale sono parole che mi hanno trasportato con immediatezza a un passato non troppo lontano e a una esperienza fra le più belle e ricche cha abbia fatto nella mia vita.

Mi ero appena laureato in Economia Politica con una tesi che riguardava l’ambito urbano, quindi, nell’indecisione post-laurea e con una strana lucidità profetica sul mio futuro, avevo deciso di fare un corso per ideare e organizzare eventi e scelto uno stage presso la Festa Internazionale del Circo Contemporaneo di Brescia che coniugava un lavoro sulla città, gli spazi urbani e la socialità, oltre che sulla cultura del corpo, l’arte acrobatica e la danza. 

Gran parte degli spettacoli si svolgevano sotto i chapiteaux, i tendoni da circo. Il pubblico era democraticamente seduto attorno a una pista dove si svolgevano le performance e andava in scena una rappresentazione della vita umana e delle visioni degli artisti che si irradiava su tutti noi allo stesso modo in maniera concentrica, ordine dopo ordine di sedili.

La pista di un circo e attorno noi, i partecipanti ad un rito, che in modo quasi ancestrale e intenso assorbivamo le emozioni, le tensioni, le paure messe in scena dagli artisti per poi riverberarle a nostra volta in un dialogo incessante, continuo.

Ecco cosa mi ricorda la parola margine: tutto ciò che si sviluppava al bordo di una pista di circo, concentricamente e in maniera democratica. Tutti potevano avere accesso visivo, sonoro, emotivo a ciò che avveniva al centro, tutti partecipavano a loro modo prendendo dal centro e trovando il loro spazio, il senso nell’essere parte importante di un rito collettivo.    

E questo avveniva anche nella marginalità della posizione che ognuno occupava e rispetto agli altri. Il dispositivo spaziale della pista circolare e delle gradinate che si sviluppavano attorno permetteva la realizzazione di questo spirito democratico anche perché i posti non erano mai assegnati in base al prezzo, ma accessibili a tutti allo stesso modo, così che ognuno poteva scegliere quello che reputava migliore per sé. 

Si innescava così un “dialogo” fatto di emozioni che circolava tra tutti, orizzontalmente attraversava lo spazio da parte a parte, ognuno vibrava in legame con gli altri qualunque posizione occupasse. Tutti si sentivano parte di un sistema e in relazione. 

Se poi volessimo approfondire il tema scegliendo ancora un punto si vista spaziale, una posizione marginale implica anche la possibilità di un rapporto con qualcosa d’altro, qualcosa di diverso da tutto ciò cui si appartiene e si trova più verso quel centro di cui sopra.

Quindi il margine è spazialmente anche un “luogo” di contaminazione, dove possono coesistere aspetti ed elementi appartenenti a ciò di cui si fa maggiormente parte e ciò di cui si entra a contatto per posizione, appunto, marginale.

Il margine può divenire così un luogo privilegiato di osservazione e di relazione con un “altro da noi” che può essere generatore di infinite possibilità e sviluppi e non per forza animato da tensioni negative.

Nel passato, ad esempio, alcune città hanno visto aumentare la loro importanza e la loro ricchezza proprio grazie alla loro posizione marginale e di connessione fra regioni distanti diventando crocevia di scambio, attraversamento, commercio.

Ma nonostante questo e altri possibili esempi, siamo abituati a leggere sui nostri organi di informazione di tensioni lì dove ci sono contatti fra situazioni marginali e il tema della difesa dei confini, della paura dell’altro, è continuamente cavalcato da alcuni partiti politici che soffiano sul fuoco delle tensioni.

Ecco che quindi la parola margine, una posizione marginale, potrebbe offrire possibilità infinite, accessi democratici e punti di vista non scontati se fossimo in grado di costruire un nuovo tipo di mentalità, un nuovo modello di successo, una nuova ecologia.

Il successo oggi è descritto in termini competitivi ed egocentrici e viene calcolato secondo standard escludenti.   

Nessuno, oggi, viene percepito come una persona di successo per la sua capacità di vivere la sua vita in totale armonia con l’ambiente, o perché mette il bene collettivo e la relazione con gli altri esseri viventi davanti al resto. Nonostante sia ormai evidente che questa è la cosa più importante che chiunque di noi possa fare.

I falsi valori dell’accumulazione della ricchezza, della fama e del potere, a tutti i livelli, sono quelli che permeano le nostre società e sono ampiamente celebrati e vengono dopo altri aspetti fondamentali, come il rispetto antispecista di tutti gli esseri viventi, la cura dell’ambiente e di sé stessi in maniera reciproca.

Occupare quindi una posizione marginale non dovrebbe risuonare in noi come un modo per parlare di esclusione, ma dovrebbe essere un nuovo modo per concepirci assieme. Non al centro, ma condividendo un centro. In connessione con qualcos’altro che è diverso da noi, ma con cui inevitabilmente entreremo in connessione o con cui siamo già in relazione.    

Oggi più che mai, come esseri umani avremmo bisogno di trovare un punto di osservazione marginale per osservarci l’un l’altro interrogandoci sul nostro ruolo nelle società, su quali processi rigenerativi nella natura e nelle comunità possiamo mettere in atto e così sostenere e promuovere il pensiero di una nuova ecologia.

Nicola Giuliani è esperto in progettazione e produzione di eventi dal vivo nel campo delle arti performative come musica, circo, teatro e danza. Laureato presso l’Università Bocconi con una tesi in Economia Urbana e ha conseguito successivamente il Master in Urban Management and City Design presso il Domus Academy Institute per poi iniziare una carriera nel settore della cultura.

Già direttore di produzione e project manager per numerosi eventi (Terraforma Festival, Nextones, MITO SettembreMusica, Piano City Milano, Festa Internazionale del Circo Contemporaneo, Torinodanza Festival, tra gli altri), ha maturato una lunga esperienza come project manager, artistic producer e direttore creativo nel settore privato per agenzie operanti sul territorio nazionale e non come Filmmaster Event, Sinergie, Accapiù, Eventually, Piano B.

Oggi la sua attenzione è sullo sviluppo curatoriale di Campo Base Project che esplora i processi rigenerativi nella natura e nelle comunità attraverso pratiche outdoor e artistiche al fine di promuovere la nascita di una nuova ecologia.

 

[1] David Orr, ecologista


[1] David Orr, ecologista