Il museo di quartiere: agopuntura culturale per "modeste rivoluzioni"
di Anna Chiara Cimoli
“Modesto”, ma politico
Il lavoro culturale sul piccolo, sul vicino, sul locale può apparire una resa in un tempo di forti tensioni identitarie e sociali, in cui il crescente divario di classe è sotto gli occhi anche di chi non vorrebbe vederlo, le dinamiche del razzismo riverberano a livello planetario e politiche economiche divisive chiamano a una revisione radicale del ruolo che attribuiamo alla cultura. Nel suo Modesto manifesto per i musei (pubblicato in Un sogno fatto a Milano. Dialoghi con Orhan Pamuk intorno alla poetica del museo, a cura di Laura Lombardi e Massimiliano Rossi, Johan and Levi 2018), lo scrittore turco Orhan Pamuk lanciava un grido d’amore verso i musei domestici, di prossimità, infraordinari. “Il futuro dei musei è dentro le nostre case”, scriveva, mettendo l’accento sulla necessità di polverizzare le grandi narrazioni nazionali, gli azzardi della linearità, le retoriche della bellezza (sempre e solo una, sempre e solo quella).
Al di là di qualunque tentazione nostalgica o ripiegamento romantico, i contenuti del manifesto sono profondamente politici e parlano di contronarrazioni, contromonumenti, riscritture divergenti da quella istituzionale, insomma gesti che non solo mettono in discussione filosoficamente quel costrutto, ma lo sovrascrivono, lo interpolano, lo disturbano attivamente: uno sciame di moscerini di fronte agli occhi della tigre. L’azione di disturbo non si manifesta, appunto, in grandi moti simbolici o smottamenti epocali, ma in micro-fratture che si esprimono nella reinvenzione del quotidiano, in nuove pratiche di definizione delle relazioni, presa di parola, possibilità di costruire rituali e percorsi, reti e alfabeti. La scelta della dimensione locale non esclude un riverbero ampio: anzi, lo sostiene e lo auspica.
Il progetto che qui descrivo, quello di un museo di comunità in un quartiere milanese, nasce quando ABCittà, un collettivo di architetti, educatori e urbanisti che opera da circa vent’anni attraverso il metodo della progettazione partecipata ha deciso di identificarsi in un servizio, radicandosi in un preciso territorio. Lungo questo percorso ha incontrato la realtà di Borgo Cascina Conti, un antico complesso rurale nel quartiere di Greco, nel quadrante nord-orientale di Milano, dismesso da decenni. Percepito come un vuoto urbano attraversato da spaccio e piccola criminalità, dal 2011 il complesso è oggetto di un progetto di rigenerazione da parte di una cordata pubblico-privato (Comune di Milano e società Borgo Cascina Conti) che prevede, oltre al restauro delle preesistenze storiche, anche la costruzione di nuovi edifici, la sistemazione del verde, la realizzazione di campi sportivi e la riqualificazione della piazza al centro del complesso.
ABCittà si inserisce nel recupero della cascina, attivando un progetto sociale che pone l’accento sulla dimensione intergenerazionale: i miniappartamenti ricavati nei due edifici prospicienti vengono così destinati a studenti e lavoratori fra i 18 e i 35 anni; genitori singoli con bambini e anziani autosufficienti.
Intorno a questa convivenza fra persone con bisogni e caratteristiche diverse si costruisce, a partire dal 2018, un tessuto sociale articolato, che genera nuove necessità e opportunità. Mentre la sede di ABCittà si trasferisce qui, garantendo un presidio nei giorni lavorativi, nascono così, poco a poco, la portineria sociale; lo spazio-gioco per i bambini; la lavanderia comune e BiblioBiG, una biblioteca di condominio integrata nella rete del Comune di Milano, che ospita anche l’archivio fotografico di quartiere.
Oltre alla dimensione di cura “interna” (di spazi, relazioni e servizi afferenti al progetto residenziale intergenerazionale), ABCittà e gli abitanti della cascina interagiscono quotidianamente con il quartiere attraverso la cura dell’orto urbano, il riuso delle arcate ferroviarie a seguito di un percorso di progettazione partecipata con interventi di artisti selezionati nell’ambito di una call (Bando alle Periferie 2018 del Comune di Milano). Sotto le arcate verrà collocata la parete di arrampicata realizzata grazie a un crowdfunding civico (oggi, in attesa della futura collocazione, la parete si trova nel locale-garage ed è messa a disposizione del quartiere con lezioni gratuite per bambini e ragazzi). Le altre attività che gravitano intorno al progetto comprendono un gruppo d’acquisto, BiGKids, un percorso finalizzato all’incontro tra abitanti della corte e del vicinato attorno al tema della lettura, Spesa SOSpesa per la distribuzione di cibo a famiglie in difficoltà economica, una ciclofficina e un bike surfing.
Il museo fra le case
Mentre ABCittà lavorava alla costruzione del progetto, all’accompagnamento dei primi abitanti (individuati tramite colloquio dopo il lancio di una call pubblica), alla tessitura di una complessa rete di partners e interlocutori, si compiva il gioco a volte quasi impercettibile, ma potentissimo, del ripristino della vita del quartiere, dopo la cesura dei lunghi anni di abbandono: la corte tornava ad essere attraversabile, le arcate passanti, la piazza praticabile; gli alberi venivano piantumati, le panchine posate, le vedovelle attivate.
Con il risarcimento “fisico” tornavano ad affiorare le storie e i racconti degli abitanti, le memorie condivise, modi di nominare le cose (spesso in dialetto milanese), gli aneddoti. Greco infatti - annesso alla città di Milano esattamente un secolo fa, nel 1923 - è stato un quartiere operaio, di bocciofile e balere, di forte relazione con il verde (gli orti urbani) e con l’acqua (il naviglio Martesana, luogo di lavoro per le lavandaie durante la settimana; luogo di svago, con la spiaggia e il pontile per i tuffi, negli altri giorni). Il fronte solido della riqualificazione architettonica si andava così intrecciando con la dimensione intangibile degli incontri, con il flusso delle visite, con l’emersione di storie a un passo dall’evanescenza. Come salvaguardarle, rendendole attive e disponibili per i “nuovi grechesi”? La forma del museo, benché fluido, leggero e privo di una sede fisica, è parsa adatta a contenere questo patrimonio. Nel 2020, grazie a un finanziamento di Fondazione di Comunità Milano, è dunque nato MUBIG, un museo che si definisce “diffuso, del presente, partecipato”, progettato da ABCittà in partnership con Pinacoteca di Brera e Stazione Radio.
MUBIG, che opera sempre in co-curatela con gli abitanti del quartiere, si esprime lungo tre assi: le mostre, le passeggiate e le discovery boxes o “musei in scatola”. A oggi sono state allestite due mostre, è stata prodotta una serie di podcast che accompagna le passeggiate (a cura di Stazione Radio, su izi.travel) e sono state realizzate due serie di musei in scatola, dedicate rispettivamente al tema dei confini fisici e di quelli immateriali.
I tre assi condividono alcune caratteristiche che rappresentano altrettante questioni di metodo. La prima riguarda l’interpretazione della relazione con il passato, sempre orientata a leggere il presente e costruire il futuro. La raccolta di documenti storici, la pratica quotidiana della public history, la modellazione di strumenti di ascolto e archiviazione è sempre finalizzata alla costruzione di lenti di ingrandimento per comprendere le dinamiche economiche, sociali, culturali che governano il presente. In questo senso, per esempio, la riflessione sulla trasformazione della relazione con la natura e il modo di viverla (lo sfruttamento a fini economici, la scelta dei mezzi di trasporto, il bilanciamento fra tempo libero e lavorativo…) ha condotto gli abitanti del borgo a una maggiore consapevolezza dell’importanza di presidiare generativamente il territorio, avendo cura, per esempio, degli orti condivisi, che sono anche uno spazio di gioco per i bambini, un luogo di incontro con gli animali domestici (la vicinanza con gli animali era una caratteristica della vita della cascina), e poi di volta in volta un palcoscenico per spettacoli, uno spazio per workshop, e così via.
Un secondo aspetto metodologico importante è la flessibilità della struttura di MUBIG. Se l’ossatura originaria del progetto è stata costruita da ABCittà con i due partner citati, è la propositività degli abitanti a immettere risorse e idee facendo emergere fragilità, ri-orientando i processi in itinere, suggerendo possibili sponsor, partner o interlocutori per specifiche azioni. Per fare un esempio, nel maggio 2022 la Pinacoteca di Brera ha prestato a MUBIG quattro autoritratti di artisti del XX secolo (Melotti, Rotella, Buzzati e Munari) provenienti dalla collezione Zavattini nell’ambito della mostra Abitanti. Da Brera a Greco: quattro nuovi “abitanti” venivano a integrare, anche se in modo temporaneo, la collezione di MUBIG, sollecitando una riflessione sui confini dell’individuo rispetto alla società e sulla mobilità di questa soglia all’indomani della pandemia. La giornata è stata concepita come un’occasione pubblica quanto più larga possibile, con laboratori, una presentazione di MUBIG in dialogo con il direttore della Pinacoteca di Brera James Bradburne, la diffusione di un video prodotto dalla Pinacoteca stessa, il lancio delle discovery boxes e altre attività. Durante la co-progettazione di questa giornata un abitante del quartiere ha proposto di coinvolgere un liceo artistico vicino, il Caravaggio, chiedendo agli studenti di realizzare dei ritratti dal vivo dei cittadini che quel giorno avrebbero frequentato il museo. È parsa un’occasione significativa per declinare in un altro modo i contenuti a cui stavamo lavorando: la continuità fra le generazioni, il confine fra singolo e collettività, la possibilità di rappresentazione, l’impatto di uno sguardo diretto mediato dallo strumento del disegno, la dimensione dell’incontro e le sue possibili ricadute.
L’apertura a un certo grado di serendipità, insomma, costituisce un aspetto importante del processo. Proprio nel corso della preparazione di questa mostra si è scoperto che la parrocchia di S. Martino a Greco, adiacente alla corte, conservava ai lati dell’altare due dipinti della collezione di Brera, qui collocati a seguito della disseminazione di parte del patrimonio del museo presso le cosiddette “chiese povere” praticata nell’Ottocento. Con un atto generoso del direttore, le due pale (rispettivamente di Luigi Pellegrino Scaramuccia, Visione mistica di Santa Caterina da Siena, 1655 circa e della bottega di Federico Barocci, Madonna della Misericordia, fine XVI-inizio XVII sec.) sono ora accompagnate da didascalie redatte secondo lo stile e la grafica di Brera: si viene così a rafforzare quell’idea di una relazione fra museo e territorio che, andando oltre il quartiere, si è sviluppata storicamente lungo traiettorie carsiche, di cui a volte la memoria sembra essere perduta. Basta un gesto per riattivarla: questo gesto, in particolare, ha condotto a una riflessione su temi molto contemporanei quali la legittimità della disseminazione del patrimonio a causa di vicende storiche controverse, i possibili significati del concetto di restituzione e le sue implicazioni, il rischio di una dinamica “coloniale” fra centro e margini, e così via.
Fra le righe di queste osservazioni emerge una riflessione sulla “sproporzione” fra ABCittà e Pinacoteca di Brera, e soprattutto, al di là di dimensioni, autorevolezza e storia, sulla diversità dei rispettivi profili. Insomma, che ci fa la Pinacoteca a Greco? In che modo ABCittà può “ricambiare la visita” scambiando competenze e pratiche? Che senso ha mettere a contatto realtà tanto diverse quanto i due musei e i loro rispettivi quartieri, uno periferico, di tradizione popolare e nel suo complesso non ancora gentrificato; l’altro turistico, commerciale, poco o nulla abitato? Fin dall’inizio, si è stabilito che lo scambio delle esperienze e dei diversi modi di fare ricerca sarebbe stato centrale: sarebbe stato dunque uno scambio alla pari dal punto di vista della visione della città e dell’autorevolezza rispetto a un certo territorio. Si è lavorato, sia in sessioni di progettazione congiunte, sia con workshop di reciproca formazione, sui temi dell’ascolto del quartiere, dell’accessibilità, della dimensione intergenerazionale, dell’interpretazione del patrimonio.
Avviciniamoci. La corte e i suoi dintorni hanno ospitato, nell’estate del 2022, alcuni spettacoli e laboratori del ciclo “Memorie future” - vincitore del bando Milano è viva nei quartieri del Comune di Milano - progettato da Triennale Milano Teatro con Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Terzo Paesaggio e ABCittà. Diventando di volta in volta un palcoscenico, una sala per concerti, un’aula, un giardino alchemico, un dance floor, il borgo ha stratificato nuove memorie, accolto persone che hanno attraversato la città per arrivare a Greco, posto fianco a fianco anziani del quartiere (i primi curatori di MUBIG), abitanti della corte, professionisti della cultura, famiglie, ricercatori che si occupano di musei di quartiere, e molte altre facce della società.
MUBIG, in base alla disponibilità di nuove linee di finanziamento, si propone di lavorare proprio sulla ricerca di nuove forme di racconto e rappresentazione capaci di tenere insieme passato e futuro, accentuando la dimensione dell’interpretazione multivocale e multigenerazionale. Per moltiplicare i propri spazi e riqualificare quelli esistenti, inoltre, MUBIG sta progettando un’espansione nelle arcate ferroviarie. Le grandi volte, per molto tempo luogo di degrado, eppure presenza caratterizzante (la familiarità con i conducenti dei treni, che ormai conoscono ritmi e abitanti della corte e si fermano a salutare quando passano, costituisce un metronomo nella partitura temporale di MUBIG), sono state oggetto di un processo di progettazione partecipata. Anche qui, si farà solo quello che serve al quartiere, e solo dopo aver ascoltato i diretti interessati.
Anna Chiara Cimoli, storica dell’arte e museologa, insegna all’Università degli studi di Bergamo. Si occupa di museologia sociale e pratiche partecipative, con un accento sulle dinamiche della migrazione, del pregiudizio e dello stereotipo, in collaborazione con numerose istituzioni. Dal 2020 è curatrice di MUBIG, il museo di comunità di Greco. Presidente della Fondazione CASVA, dirige con Giulia Grechi e Viviana Gravano la rivista di studi visivi “Roots§Routes” ed è responsabile scientifica della collana Museologia presente di Nomos edizioni.