Io ho detto la mia. E tu? (3/5)
di Rebecca Cardillo
Il futuro dei giovani in Italia è un tema scottante in questo momento storico, che suscita preoccupazione e cattura l’attenzione in cerca di una soluzione. Le giovani generazioni ad oggi vivono il paradosso di voler essere colonne portanti della nostra società e allo stesso tempo essere una delle fasce più svantaggiate nel mercato del lavoro, risultando così impossibilitati a evolvere la società odierna in quella ecosostenibile, egualitaria e guidata da meritocrazia.
Nonostante il costante dibattito sul tema e i fondi stanziati dal governo per la rinascita culturale, economica e imprenditoriale dei giovani italiani, la situazione sembra restare immobile e la domanda che mi sorge spontanea è: come è possibile? Io, una giovane donna di 22 anni, mi trovo a sentirmi addosso il peso del mondo nel momento in cui mi faccio questa domanda. Guardo il futuro con timore e immaginando che quello che sono ora sia ciò che sarò per sempre, ma sperando di non rimanere bloccata in un tempo a cui non sento di appartenere. Per sforzarmi di uscirne scelgo di vivere attivamente la mia vita non piegandomi a doveri, morali e standard imposti dalla società, analizzando i problemi che mi circondano e immaginando soluzioni possibili ad essi.
Dal mio punto di vista ci sono una serie di questioni che potrebbero essere più efficienti se affrontate in un modo diverso nell’ambito di crescita, educazione e formazione delle nuove generazioni. Le modifiche che attuerei nella scuola primaria dell’infanzia consistono nell’inserimento di alcune ore dedicate ad attività creative e altre dedicate all’inserimento del bambino nella vita quotidiana adulta; inoltre eliminerei le tasse sui beni necessari per la cura dei bambini e neonati e inserirei un sostegno statale adeguato per le famiglie (al di sotto di un determinato reddito). Nella scuola secondaria di primo grado inserirei delle ore dedicate all’educazione sessuale e altre dedicate alla psicologia, con l’intento di rendere gli alunni più consapevoli del loro percorso evolutivo. Le modifiche che riserverei alla scuola secondaria di secondo grado sono più radicali: innanzitutto riprogettare il sistema riunendo tutti gli indirizzi e creandone uno unico che durerebbe quattro anni e comprenderebbe all’interno materie scientifiche, materie umanistiche con l’inserimento di filosofia e scienze umane (non trascurando gli eventi storico-culturali dell’età contemporanea), educazione sessuale, un’ora a settimana destinata al dibattito e all’informazione in merito alle tematiche di attualità e delle ore dedicate a introdurre i ragazzi in società dandogli le competenze per affrontare senza sorprese il quotidiano attraverso delle nozioni di economia, legge e diritto.
Le mie proposte sono motivate da disagi che tutti ci siamo trovati ad affrontare, come la paura di fare la scelta sbagliata a 14 anni e il senso di evasione a 18, in questo modo i bisogni dei giovani verrebbero rispettati e accolti così da avere l’opportunità di pensare ai loro obiettivi e iniziare a perseguirli quando si sentiranno pronti grazie alla preparazione che il nuovo sistema gli conferirà. Oltre a quanto già detto, avere un unico indirizzo permetterebbe di abbattere i costi dei libri scolastici aprendo anche la possibilità a un’istruzione digitalizzata, tema che dovremmo caldamente iniziare a considerare: è stato infatti dimostrato che nel corso del tempo, a causa della tecnologia, la soglia d’attenzione dell’essere umano si è notevolmente abbassata ed è per questo che il metodo d’insegnamento dovrebbe adattarsi a quest’evoluzione proponendo nuovi metodi di studio basati sull’attività visiva con contenuti più densi ma più brevi. In questo caso lo stato dovrebbe mettere a disposizione strumenti o fondi per coloro che non posseggono un dispositivo elettronico adatto allo svolgimento delle attività. Tra i benefici di un’istruzione digitalizzata c’è, senza dubbio, l’aspetto ecosostenibile ma anche la creazione, o meglio, sostituzione dei posti di lavoro degli insegnanti più anziani in quanto dovrebbero necessariamente saper utilizzare la tecnologia. Ovviamente questo processo dovrebbe essere quindi supportato da un’anticipazione dell’età pensionistica e da pensioni adeguate al costo della vita. E per coloro che sono giovani adesso?
Personalmente sono dell’idea che i giovani per sentirsi stimolati non hanno bisogno di altro che di un luogo dove riunirsi sentendosi parte integrante di una comunità e dove dare vita alle loro idee e ai loro progetti. Per questo ritengo che ogni comune dovrebbe disporre di una struttura adeguata per ospitare i propri giovani (regolamentata dal numero di abitanti) e gestita dagli stessi attraverso un referente da loro scelto.
Quindi, a parer mio, il ruolo delle nostre generazioni in questo periodo storico, consiste nell’essere una “macchina di idee” volta alla realizzazione di quest’ultime, continuando nel contempo una campagna di sensibilizzazione sulle nostre paure più intime riguardanti il futuro, rendendo così possibile una collaborazione con le generazioni “più anziane” che così non avranno timore a lasciare il comando.
Tutto questo rappresenta la mia idea e da sola non basta; perciò, invito chiunque stia leggendo ad esprimere la loro opinione e a impegnarsi attivamente nella realizzazione di quest’ultima, creando intorno a sé delle comunità.
Lavorando insieme possiamo davvero cambiare le cose, io ho detto la mia… e tu?
22 anni, nata a Gaeta, una piccola città in provincia di Latina. Studia da fuorisede alla UED (Università Europea del Design) a Pescara nel dipartimento di Interior Design. Determinata a essere parte del cambiamento di cui la nostra società ha bisogno.