Adriano Attus intervistato da Silvia Anna Barrilà

Quando è iniziata la tua carriera di artista, e come si contestualizza nel tuo lavoro di creative director del Sole 24 Ore?

Lavoro nei giornali come grafico dal 1990. All'inizio ho lavorato per periodici familiari, riviste femminili, o di arredamento, ma poi mi sono specializzato nell'editoria economico-finanziaria, perché ho intuito che lì c'erano grandi margini per poter apportare creatività e interpretare l'argomento, che è visto normalmente come freddo, algido, austero, in modo più creativo, senza per questo perdere l'affidabilità e la certezza dell'informazione.

Così ho iniziato a lavorare in settimanali e mensili di economia e finanza, dal Mondo a Panorama, ho collaborato con Bloomberg, riviste di fondi, prima di approdare a Il Sole 24 Ore, con direttore Ferruccio de Bortoli, nel 2008.

Tra i vari strumenti a mia disposizione per raccontare quello che succedeva in quell'ambito ho portato avanti molto il discorso dell'infografica, cioè la rappresentazione di fatti, eventi, o dati e numeri attraverso la grafica. Quindi il numero, il dato era uno strumento per poter trasferire l'informazione in una maniera visuale. Con i direttori de Bortoli, Riotta e Napoletano abbiamo spinto molto su questo fronte, grazie anche alle nuove tecnologie del digitale, ma ad un certo punto mi sono accorto che, col tempo, il predominio dell'infografica portava a quello che ho definito l'effetto wow, cioè ad infografiche molto complesse, per quanto belle, ma poco chiare per il lettore.

Quindi, nel 2013, e qui nasce la mia carriera artistica, ho iniziato a portare avanti un progetto a cui ho dato il nome di Numerage. Sono partito dai numeri, ho iniziato a ritagliarli dai giornali di tutto il mondo e poi assemblarli attraverso la tecnica del collage, lanciando una provocazione: i numeri sono oggettivi, ma noi giornalisti non riusciamo a comunicarli in modo corretto dal punto di vista formale, perché spesso prevale la soggettività e la rappresentazione sulla descrizione oggettiva. Per cui ho riunito i numeri in tavole da 1 a 100, disponendoli in ordine sparso, forzando le regole di percezione visiva e sfidando l'osservatore a trovarli nel loro ordine. Ovviamente, ci si mette tanto tempo e da qua ho iniziato la mia critica al lavoro giornalistico che facevamo.

Poi, ho dato vita ad altre serie sempre legate al mondo dei numeri e ho affrontato vari temi, come la ripetitività dei numeri, l'idea che ognuno nei numeri vede quello che vuole, la fede cieca nella scienza, nella matematica e nel numero come unico strumento per descrivere la realtà, e ho portato avanti questo mio mondo, legato al settore da cui io partivo, per trasferire la mia provocazione in chiave artistica.

Le tue serie hanno un inizio e una fine, oppure le porti avanti parallelamente nel tempo?

Sono serie progressive che rimangono aperte. Da ogni progetto ne nasce un altro. È un'evoluzione. Mi piace ampliare a seconda dei momenti l'idea di utilizzare i numeri applicati alla realtà. Uno degli ultimi progetti, che ho iniziato nel 2024 e porto in mostra da Studio Lombard DCA, è proprio l'evoluzione della serie dei Numerage. Sono i Quadrati magici, che nascono nel Medioevo e sono griglie di numeri ritagliati e disposti in modo che ogni riga e ogni colonna e ogni diagonale dia la medesima somma.

Ma torniamo un attimo indietro. Quali serie sono venute dopo i Numerage?

Dopo i Numerage sono arrivate le Neometrie. Sono arrivate dalla decisione di non rendere più manifesto il numero, usando la geometria. Il numero rimane come base di progettazione, perché oggigiorno - purtroppo o per fortuna - descrive qualunque evento della nostra vita, per cui ho deciso di utilizzare il calcolo combinatorio e le forme geometriche e i colori per dare vita a dei mosaici, le cui singole tessere sono combinazioni di cerchi, quadrati, triangoli, rombi. Il numero di combinazioni è infinito, e questa è l'idea che ci sta dietro: vedere il particolare, quindi il singolo elemento micro, che si manifesta in una struttura macro, proprio come noi umani nel mondo, con le nostre azioni che possono cambiare il mondo. Quindi, c'è l'idea di scelta, di interazione, di generale, di particolare, di universale, espresso in una forma molto esplosiva, pop e colorata.

I tuoi lavori sono realizzati a mano, in formato fisico, o digitale?

La fase di studio avviene a mano: prendo appunti sui miei libricini che dissemino ovunque. Parto da spunti della realtà, quotidiani; inizio a ragionare su quello che vedo e lo trasformo in una qualcosa di visivo che sintetizzi le mie impressioni. Poi, le codifico a computer per dare loro completezza e, infine, riporto tutto al formato fisico, assemblando a mano i singoli pezzi, o su carta come collage, o su plexiglass e magneti. In alcuni casi, mi avvalgo di strumenti tecnologici per tagliare il plexiglass, la carta, i magneti, ma poi il lavoro di assemblaggio è proprio da artigiano certosino, per cui ho persone intorno a me che mi aiutano nella finalizzazione.

Parliamo delle Astrazioni.

Le astrazioni sono un gioco, un po’ ispirato a Bruno Munari, in cui creo delle opere a partire da regole matematiche. Le stesse che poi ho trasferito nel libro “1, 2, 3, Arte”, pubblicato da 24 Ore Cultura. Si tratta di collage in cui costruisco delle figure attraverso le forme geometriche, i numeri e i colori primari, saturi e molto forti. Inizialmente le avevo fatte per me e non le avevo esposte, poi le responsabili di 24 Ore Cultura, dopo aver visto la mia mostra alla Banca Cesare Ponti, mi hanno proposto di fare un libro per bambini e, così, ho ritirato fuori le Astrazioni per la loro natura didascalica, che attraverso l’arte spiega ai bambini la matematica, la geometria, le regole della simmetria, dell'allineamento, del raggruppamento, della rotazione, eccetera. Io cerco di trasferire ragazzi questi concetti e spiego come tutte le figure che vivono su un pianeta fantastico siano fatte alla stessa maniera. È, quindi, un libro aperto, in cui ogni lettore può creare le figure che vuole rispettando le regole del gioco. Ne abbiamo vendute tantissime copie, ora speriamo di riuscire a fare la seconda edizione, che vorrei ampliare alle lettere dell'alfabeto.

L'alfabeto e le lettere rappresentano una nuova direzione in cui stai andando.

Sì, infatti, in mostra allo Studio Lombard DCA c’è anche un pangramma, che è una frase di senso compiuto che è composta da tutte le lettere dell'alfabeto. In inglese esiste “The quick brown fox jumps over the lazy dog”, in cui ci sono tutte le 26 lettere dell'alfabeto. In italiano, l'unico che sembra sia riuscito a comporre una frase di senso più o meno compiuto utilizzando una sola volta le 26 lettere dell'alfabeto, comprese W, X, Y e J, è stato Umberto Eco con la seguente frase: “Tv? Quiz, BR, FLM, DC[1]... Oh, spenga!” Ho rifatto questa frase con le mie lettere.

E poi c’è il Planetario, che hai esposto alla Banca Cesare Ponti in Piazza del Duomo.

Sì, l’ho riportato da Studio Lombard DCA sia in formato fisico che digitale. È un lavoro enorme, ci ho messo circa tre anni per concepirlo e realizzarlo, perché volevo trovare delle formule, delle idee per rappresentare i numeri in una maniera univoca e bella.

Che cosa intendi con rappresentare i numeri in questo caso?

Prova ad immaginarti come vedi il numero tre. C'è chi lo vede come scritta, chi come numero, chi come simbolo. C'è chi vede tre elementi. Ci sono tanti sistemi. Dai tempi di Pitagora la figurazione dei numeri è al centro di questa discussione, perché lui teorizzava che tutta la natura è descritta attraverso i numeri, per cui attraverso i numeri trasferiva le sue idee. Partendo dal suo modo di figurare i numeri, ho composto i numeri da 1 a 100, quindi, ho ottenuto numeri triangolari, quadrati, pentagonali, li ho scomposti e ricomposti. Infine, li ho raggruppati, creando delle costellazioni. Anche in questo caso, il processo prevede un primo studio a mano, poi un passaggio al computer e, infine, li ho ridipinti a mano con uno strumento per disegnare i mandala. Valerio Di Mario, guru del motion design, mi ha infine aiutato a sviluppare tutte le dinamiche di apertura di queste “stelle”, che si schiudono in modo progressivo poi, una volta aperte, rimangono in movimento con un accompagnamento sonoro e, infine, si richiudono. Si crea un ciclicità continua in cui ciascun “pianeta” ricorda un respiro continuo.

Arriviamo al progetto più recente.

Sto ancora riflettendo sul nome, che potrebbe essere Rotonica o Rotonismo. È un progetto nato durante un viaggio in India. Ero su un ponte a Calcutta e ho visto un continuo flusso di persone che si muovevano e trafficavano, contrapposto ai tempi Hindu, con una divinità in particolare che si chiama Lord Jagannath È rappresentato con gli occhi come due cerchi bianchi su fondo rosso che rappresentano il mondo, la totalità della nostra esistenza. I suoi occhi, così circolari, tondi, perfetti, bianchi, privi di palpebre, rimangono costantemente aperti su di noi; non dorme mai, veglia su di noi. Questa rappresentazione circolare del mondo e del controllo, della luce, della guida, dell'idea di visione continua su tutto mi ha affascinato, per cui l’ho unita a quel flusso di persone indefinito che si muovevano in  un continuo dinamismo e sono arrivato all’idea di cerchi concentrici composti da piccoli trattini che rappresentano le singole persone, che si muovono lungo questi cerchi e aumentano progressivamente diventando delle spirali. Sono riuscito così a trasferire quest'idea di commistione tra la staticità della forma assoluta del cerchio e il dinamismo della spirale.

Nella tua carriera di artista ha anche collaborato con tante aziende.

Sì, tra quelle più particolari c’è stata quella con il gin Bombay Sapphire, per il quale ho fatto un’edizione per il Salone del Mobile con una Neometria realizzata sulla scatola, sulla confezione e sull'etichetta.

Altre Neometrie sono state realizzate per il report “Quanto è (ri)conosciuta all’estero l’arte italiana contemporanea” di Barrilà, Broccardi, Marchesoni, Pirrelli, Sanesi e per un libro di Anna Paola Negri-Clementi.

Un’altra importante collaborazione è stata quella con la distilleria Berta, che mi ha chiesto un'opera per lanciare un loro magazine, sempre una Neometria, che ho scelto di fare molto semplice perché il distillato nasce da materiali molto semplici, di scarto, come sono le vinacce. Dopo questa prima collaborazione, l'anno seguente mi hanno chiesto se volessi declinare quelle Neometrie per raccontare le otto linee della loro produzione e le hanno usate per la comunicazione. Ancora l’anno successivo, hanno organizzato un’asta di beneficenza a favore del progetto Amunì di Libera (associazione fondata da don Luigi Ciotti) e ho realizzato una serie di opere che sono state vendute magistralmente da Filippo Lotti di Sotheby’s in una serata memorabile. Per celebrare l’evento ho creato un’edizione speciale del Planetario per 50 bottiglie esclusive di una loro grappa riserva.

E poi c'è stata la collaborazione con Poste Italiane in occasione del loro 160° anniversario. Si sono affidati ad otto artisti per declinare gli otto pilastri della loro comunicazione. A me è spettato il compito di comunicare la finanza sostenibile, che ho tradotto in una Neometria che ora è esposta in modo permanente all'Ufficio delle Poste in Piazza San Silvestro a Roma.

Ma la passione per i numeri e per la matematica l'hai sempre avuta? A scuola che studente di matematica eri?

Ero bravo, la matematica mi piaceva, sono sempre stato portato per la geometria e per risolvere i problemi. Ho fatto il liceo scientifico e in tutti i miei progetti, anche in quelli grafici, la matematica e la geometria sono fondamentali per costruire una griglia, una gabbia funzionale e funzionante, per fare le tabelle, le infografiche. In tutto quello che faccio c'è un po' di matematica, un po' di geometria, un po' di occhio.

E le nuove tecnologie ti aiutano nel tuo lavoro? Nel corso degli anni le hai implementate nella tua pratica?

Sì, sicuramente l'evoluzione dei software e, più di recente, ovviamente, dell'intelligenza artificiale ha reso tutta una serie di calcoli più veloce e approfondita. Poi, sai, ho fatto la prima copertina di Plus con l'intelligenza artificiale tre anni fa, quando la gente non sapeva ancora che cosa fosse l'intelligenza artificiale generativa. Ho provato a spingermi in avanti in questa direzione; adesso sto continuando a studiare, ma non ho tempo per fare tutto quello che vorrei. Comunque, non sono contrario alle nuove tecnologie, anzi, anche se poi a livello etico potremmo parlarne per ore. Per certi illustratori è pericolosa, soprattutto, per quelli che non hanno grande autorialità. E poi si rischia l’appiattimento, ma è uno strumento che bisogna saper utilizzare.


[1] Brigate rosse, Federazione lavoratori metalmeccanici, Democrazia Cristiana

Adriano Attus è Direttore creativo de Il Sole 24 Ore
Silvia Anna Barrilà è Giornalista specializzata su mercato dell’arte, arte contemporanea e design