L'etica del legno
di Formafantasma
Quando avete iniziato a riflettere sul tema della sostenibilità del design?
Abbiamo cominciato ad occuparci di questo tema prima della pandemia, perché Miuccia Prada ci aveva invitati a realizzare un progetto legato alla didattica. Riflettendo sul progetto abbiamo capito insieme di non voler rivolgerci solo agli studenti, per cui è nata l’idea di un simposio indirizzato ad un pubblico più ampio, che avesse lo scopo non tanto di presentare dei prodotti, ma di essere un approfondimento culturale ed etico.
Così è nato il simposio “Prada Frames”
Esatto. La prima edizione è avvenuta durante il Salone del Mobile di Milano lo scorso giugno, per cui abbiamo voluto focalizzarci, nel contesto del design, sul tema a noi caro della foresta e dell’estrazione del legno. La nostra idea è quella di andare a guardare al di là del prodotto, per approfondire le implicazioni dell’industria e considerare la foresta dal punto di vista etico. Non si può dimenticare, infatti, che le foreste sono abitate da diverse specie animali, ma anche da comunità indigene, quindi, si tratta di una riflessione che va oltre la progettazione e assume un peso rilevante sul piano ambientale e anche politico.
In che modo avete strutturato il simposio?
Abbiamo scelto di tenere un tono accademico alternando keynote di breve durata e conversazioni multidisciplinari. Tra i relatori c’erano creativi, architetti, designer, artisti, ma anche antropologi, filosofi. Si è parlato di governance delle foreste e di come si fa carbon offsetting, considerando il tema in modo critico e cercando anche di risolvere questioni che riguardano conflitti di tipo economico.
A quali conclusioni siete giunti?
In un simposio come questo non si arriva a delle conclusioni, è piuttosto un progetto di ricerca, per cui abbiamo cercato di inquadrare la tematica e, poi, ne abbiamo tratto alcune indicazioni che applicheremo nei nostri progetti di ricerca. Mi spiego. Il nostro studio è composto da due parti, una dedicata alla ricerca e una più “commerciale”. La prima segue progetti di ricerca che durano nel tempo e da cui scaturiscono pubblicazioni, simposi come quello di Prada, oppure mostre come “Cambio” alla Serpentine nel 2020, dedicata allo stesso tema dell’uso del legno nella progettazione e al funzionamento dell’industria estrattiva (successivamente la mostra è stata esposta al Centro Pecci di Prato e al Museum für Gestaltung di Zurigo). All’interno del nostro dipartimento commerciale, cerchiamo, poi, di applicare gli esiti delle ricerche con alcuni dei nostri clienti, in
modo più o meno approfondito.
Ci potete fare qualche esempio?
Certo, per esempio, nel progetto a cui stiamo lavorando con Artek. Dopo aver visto la nostra mostra alla Serpentine e aver appreso il nostro approccio al tema del legno, materia prima più importante nella produzione dei mobili Artek, l’azienda ci ha invitati a realizzare un progetto, lasciandoci libero accesso alla loro filiera. È di un caso particolare, perché Artek è una delle poche aziende a filiera corta: si tratta di un’azienda storica, che lavora secondo parametri sostenibili per uno sviluppo ecologico, in quanto usa un tipo particolare di legno – la betulla – che estrae a 250 km dalla segheria, in Finlandia. Quindi siamo entrati in azienda, e per sei mesi abbiamo osservato i processi di 77 produzione dell’azienda, dando dei suggerimenti, e in parte sviluppandone alcuni, come ad esempio sull’iconico sgabello di Alvar Aalto, che ripenseremo in alcuni dettagli.
In che modo?
Il legno di betulla presenta sulla sua superficie i tipici nodi, ma oggi sempre di più anche dei segni lasciati da alcuni insetti che, con il riscaldamento climatico, si sono spostati verso nord, insediandosi nelle foreste. Fino ad ora, Artek cercava di scartare le parti di legno che presentavano questi segni o i nodi, che riservava alla produzione della carta. La carta, però, non è un materiale durevole nel tempo quanto un complemento di arredo, per cui abbiamo cercato di implementare queste caratteristiche del legno all’interno dello sgabello. Per fare questo, però, ci vuole prima di tutto una rieducazione del cliente, che deve imparare ad accettare il fatto che il legno è un materiale vivo. Per questo motivo, la presentazione del prodotto sarà messa in diretto collegamento con il cambiamento climatico e costituirà un contributo per sensibilizzare la coscienza pubblica. È importante far comprendere al cliente che la qualità del prodotto non cambia, ma che se si accettano le peculiarità del legno, si scarteranno meno alberi.
Parliamo di exhibition design
Sì, un’altra parte del nostro studio è dedicata all’exhibition design. Abbiamo realizzato la mostra di Bernini e Caravaggio al Rijksmuseum nel 2020, parte dell’allestimento della mostra “Il latte dei sogni” della Biennale di Venezia di quest’anno e, sempre quest’anno, la mostra della Fondation Cartier in Triennale, intitolata “Mondo Reale”. Quest’ultimo è un buon esempio per il discorso che stiamo affrontando. Infatti, in dialogo con il direttore Hervé Chandès, abbiamo realizzato un allestimento con un approccio molto pragmatico, anche se l’effetto finale risulta comunque sofisticato. Nel dettaglio, abbiamo mantenuto il più possibile i muri preesistenti, senza cambiare il colore delle pareti. Può sembrare una banalità, ma in realtà sarebbero serviti quintali di colore, e il bianco rimane il colore che meglio si può riadattare a future mostre, o comunque funziona meglio come base anche per altri colori. Per realizzare i muri divisori per gli spazi riservati ai video, che di solito si cerca di isolare, abbiamo scelto di realizzare separé effimeri, utilizzando fogli di carta A3 sospesi verticalmente. Per realizzare la sala cinema, invece, abbiamo collaborato con una realtà milanese chiamata Spazio Meta, che recupera materiali da riutilizzare in allestimenti e scenografie, da cui abbiamo preso in prestito dei tappeti. Lo stesso abbiamo fatto con l’azienda di design Tacchini, che ha prestato degli oggetti che poi torneranno in azienda. Quindi, da un lato abbiamo lavorato sul materiale, dall’altro dal punto di vista strategico, per cui siamo riusciti a realizzare un allestimento con pochissimi elementi.
Parliamo, invece, della mostra “Cambio” alla Serpentine
Sì, è nata due anni e mezzo fa da una richiesta di Hans Ulrich Obrist, che ci ha chiesto di realizzare una mostra manifesto. Considerato che la Serpentine si trova all’interno di Hyde Park, abbiamo pensato di dedicare una mostra alla governance dell’industria del legno, quindi, anche in quel caso non volevamo rivolgerci al progettista per parlare delle caratteristiche funzionali ed estetiche del legno nel prodotto, ma accendere la consapevolezza sull’industria estrattiva. Come per Prada, abbiamo coinvolto una serie di esperti, scienziati, ma anche una comunità indigena dell’Amazzonia colombiana. Con una consulente dell’Unione europea abbiamo analizzato come funziona l’importazione del legno in Europa, indagando anche come l’estrazione illegale riesca ancora a superare le restrizioni della comunità europea, che comunque sono state introdotte solamente circa una decina di anni fa. Siamo partiti da una serie di oggetti quotidiani, che abbiamo analizzato nell’essenza insieme al Thünen Institute, che si occupa di anatomia del
legno, per comprendere quali contenessero legnami estratti in modo illegale. Per esempio, nel carbone del barbecue si nascondono legni protetti brasiliani che, per il fatto di essere bruciati, non vengono riconosciuti facilmente e si riesce così ad eludere i controlli.
Quali sono i vostri progetti futuri in questo contesto?
Stiamo lavorando a molti progetti, ma uno in particolare è interessante in questo contesto: ci stiamo lavorando per la Galleria Nazionale d’Arte in Norvegia e sarà presentato nella primavera del 2023. Si focalizza sulla produzione della lana, un tema che ci è stato commissionato, ma che ci è molto caro soprattutto nel rapporto con l’animale. Ci stiamo concentrando sulla complessa relazione con l’essere vivente nel contesto dell’industria della lana, il cui monopolio produttivo è in Australia, e anche sul confronto tra l’industria e la pastorizia in paesi come l’Italia, dove oramai sta praticamente scomparendo.
In generale, in che direzione va la vostra pratica?
Da una parte si sta diventano commerciale attraverso progetti di consulenza con brand come Prada, dall’altra stiamo approfondendo questo aspetto di ricerca sempre più approfondita, che non ha come fine la creazione di un prodotto, quanto piuttosto la produzione di conoscenza, oppure una pubblicazione o una mostra.
Tali ricerche si riversano, come dicevo, nei nostri prodotti. Per esempio, alla luce della ricerca sulla lana, stiamo ripensando gli imbottiti, che oggi usano prevalentemente materiali sintetici. In questo contesto, stiamo cercando di pensare a come recuperare la lana, ovviando al problema del mantenimento nel tempo.
E l’industria va verso una maggiore consapevolezza?
Tutte le aziende stanno cercando di essere più sostenibili, ma molte non sanno come farlo, poiché hanno una scala relativamente piccola, per cui non hanno le forze internamente, non hanno un dipartimento dedicato alla sostenibilità.
Il problema reale è che dobbiamo costituire una cultura ecologica. Non importa se l’impatto che si produce è limitato, è necessario farlo comunque. Molti non sanno come sviluppare un pensiero ecologico, piuttosto usano un approccio tecnocratico, chiamando qualcuno per applicare delle direttive. Invece, è necessario sviluppare una cultura, e ciò richiede più di una generazione. Ma non abbiamo così tanto tempo. Il problema, poi, è che se l’impianto economico è basato solo sullo sviluppo, non ci sarà mai una svolta ecologica. Infatti, nonostante i nostri sforzi, le emissioni sono aumentate, quindi, o si attua un ripensamento filosofico, o non c’è via d’uscita.
Formafantasma è uno studio di design fondato nel 2009 da Andrea Trimarchi e Simone Farresin e basato sulla ricerca che indaga le forze ecologiche, storiche, politiche e sociali che modellano la disciplina del design oggi. Lavorando dal loro studio a Milano (Italia) e Rotterdam (Paesi Bassi), lo studio abbraccia un ampio spettro di tipologie e metodi, dal design del prodotto al design spaziale, alla pianificazione strategica e alla consulenza progettuale. Formafantasma è uno studio pluripremiato, tra cui: 2021 Wallpaper* Awards Designers of the Year/Winner, 2020 Dezeen Designer of the Year/Winner, 2019 Milano Design Award/Winner, 2019 Beazley Designs of the Year/Nomination. Nel marzo 2020 le Serpentine Galleries hanno dedicato una mostra personale a Formafantasma e alla loro indagine approfondita sulla governance dell’industria del legno.