di Franco Broccardi

Negli ultimi anni, il ruolo delle imprese sociali è cresciuto significativamente, sia in termini di impatto economico che sociale. In Italia, queste realtà rappresentano un pilastro del terzo settore, offrendo servizi fondamentali e contribuendo alla coesione sociale. La riforma fiscale, con la sospirata autorizzazione finale da parte dell’Unione Europea, rappresenta una svolta importante per il settore permettendo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni dal 1° gennaio 2026. E tutto questo, in concomitanza con l’avvio della normativa sulle imprese culturali e creative, fa presupporre una piccola rivoluzione. Picasso disse che ogni atto di creazione è prima di tutto un atto di distruzione, suggerendo la necessità di abbattere vecchie barriere per fare spazio a nuove possibilità. Questo principio si riflette nell’approccio della riforma, che cerca di promuovere nuovi modelli di sostenibilità economica per queste imprese. Con qualche impulso distruttivo, in effetti.

Vediamo.

Il contesto

La riforma fiscale si è proposta di semplificare il quadro normativo, ridurre la burocrazia e incentivare chi crede nell’impatto sociale. Tra le novità più significative, spicca la defiscalizzazione degli utili reinvestiti in attività sociali o culturali, una misura che potrebbe rappresentare una leva importante per rafforzare il capitale delle imprese sociali.

Questa riforma nasce anche dalla necessità di rispondere alle richieste sempre più pressanti di armonizzazione normativa a livello europeo. In un mercato che tende verso l’integrazione, le differenze tra i regimi fiscali dei vari Stati membri rappresentano spesso un ostacolo per le imprese sociali che vogliono operare oltre i confini nazionali. La defiscalizzazione non è solo uno strumento di incentivazione economica, ma anche un mezzo per favorire la competitività transnazionale delle imprese sociali.

L’impresa sociale è definita come un ente che esercita attività di impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, reinvestendo gli utili per il raggiungimento del proprio scopo sociale. Tuttavia, nonostante l’importanza di questa normativa, molte imprese sociali hanno segnalato difficoltà operative legate alla complessità del quadro fiscale e alle limitate agevolazioni economiche. E con la manovra di bilancio 2025 le cose non vanno meglio.

Opportunità per le imprese sociali

Tra le principali opportunità offerte dalla riforma, spiccano gli incentivi fiscali per investitori e donatori. Oltre alla citata defiscalizzazione degli utili, saranno introdotti incentivi modellati su quelli delle startup innovative, come una detrazione fiscale del 30% per investimenti fino a un milione di euro per le persone fisiche e fino a 1,8 milioni per i soggetti Ires. Questo rappresenta un’opportunità importante per attrarre capitali privati verso il settore sociale.

La semplificazione amministrativa, con l’introduzione di modelli standardizzati e digitalizzati, mira a ridurre il peso burocratico sulle imprese. Inoltre, l’accesso ai fondi europei potrebbe diventare più agevole grazie a una maggiore integrazione delle politiche nazionali con quelle comunitarie.

Un’altra novità riguarda i cosiddetti titoli di solidarietà, strumenti di finanza sociale che consentiranno agli istituti di credito di raccogliere fondi per finanziare progetti del Terzo Settore, offrendo agli investitori lo stesso trattamento fiscale dei titoli di Stato, con un’aliquota del 12,5%. Questi strumenti rappresentano una delle innovazioni più promettenti, poiché permettono di coniugare la ricerca di rendimenti finanziari con la sostenibilità sociale e ambientale.

Le imprese sociali potrebbero trarre grande beneficio da questi strumenti, che offrono nuove opportunità per finanziare progetti innovativi e ad alto impatto. La creazione di piattaforme digitali specifiche per la gestione dei titoli di solidarietà potrebbe inoltre semplificare l’accesso a questi strumenti per le imprese meno strutturate.

Nonostante queste opportunità, il terzo settore continua a incontrare sfide significative, tra cui la difficoltà di accesso al credito e la mancanza di strumenti finanziari adeguati. Per affrontare questi problemi, la riforma introduce nuovi meccanismi di finanziamento, come i fondi di garanzia dedicati e le piattaforme di crowdfunding specializzate per progetti culturali. Questi strumenti mirano a ridurre il divario tra il potenziale innovativo delle imprese culturali e la loro capacità di attrarre investimenti. Ma poi arriva la manovra 2025.

Le novità della manovra 2025

La Manovra 2025 approvata a fine dicembre 2024 introduce ulteriori misure che influiranno sulle imprese sociali, rafforzando il quadro normativo e fiscale esistente. Per lo più in peggio.

1.    Limiti alle spese operative

La Legge di Bilancio 2025 introduce specifici limiti alle spese operative per gli ETS. A partire dal 2025, gli enti che hanno ottenuto un sostegno da parte dello Stato non potranno effettuare spese per l'acquisto di beni e servizi in misura superiore al valore medio sostenuto per le stesse finalità negli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, come risultante dai relativi rendiconti o bilanci deliberati. Si tratta di una estensione dei controlli e delle procedure di spending review precedentemente applicati solo agli enti pubblici, imponendo un tetto alle spese operative basato sulla media dei tre anni precedenti. L'obiettivo dichiarato è promuovere una gestione finanziaria più efficiente e responsabile ma dovrebbe essere evidente la differenza operativa e di gestione finanziaria che corre tra enti pubblici e soggetti che già di per sé dispongono di risorse limitate e che sopperiscono alle carenze del pubblico in ambito sociale. Tutto questo limiterà l’operatività degli ETS e delle imprese sociali imponendo vincoli di cui non si capisce il senso ma solo l'impatto potenziale di tali misure sulla capacità degli ETS di fornire servizi essenziali.

2.    Modifiche alle detrazioni fiscali

Per i contribuenti con redditi complessivi superiori a 75.000 euro, le detrazioni fiscali sono ora soggette a un tetto massimo, calcolato moltiplicando un importo base per un coefficiente determinato dal numero di figli a carico. Sono escluse da questa riduzione le spese sanitarie e gli investimenti relativi a start-up e PMI innovative ma, al contrario, le imprese sociali e gli ETS non sono stati inclusi tra le categorie salvaguardate da questi tagli, il che comporterà una diminuzione dei benefici fiscali precedentemente disponibili.

3.    Controlli più stringenti sull’utilizzo dei fondi pubblici

La Manovra prevede un potenziamento dei controlli sull’utilizzo dei fondi pubblici da parte delle imprese sociali. Saranno introdotti nuovi obblighi di rendicontazione, con l’adozione di standard più rigorosi per garantire trasparenza e correttezza nella gestione finanziaria.

4.    Incremento delle risorse per il Fondo per l’Innovazione Sociale

Il governo ha deciso di incrementare le risorse destinate al Fondo per l’Innovazione Sociale, con l’obiettivo di sostenere progetti innovativi che rispondano alle sfide sociali emergenti. Questo fondo offrirà contributi a fondo perduto e prestiti agevolati per le imprese impegnate nello sviluppo di soluzioni ad alto impatto sociale.

5.    Modifiche al regime IVA per gli enti associativi

Inizialmente, dal 1° gennaio 2025, era previsto il passaggio per gli enti associativi dal regime di esclusione IVA a quello di esenzione per specifiche operazioni. Tuttavia, il Decreto Milleproroghe ha posticipato questa modifica al 1° gennaio 2026. Questo rinvio offre agli enti associativi un ulteriore anno per adeguarsi alle nuove disposizioni fiscali.

6.    Semplificazioni nella redazione dei bilanci per gli enti del Terzo Settore

Dal 2025, gli enti del Terzo Settore privi di personalità giuridica con entrate fino a 300.000 euro possono redigere il bilancio nella forma semplificata del rendiconto per cassa, utilizzando il Modello D. Inoltre, per gli enti con entrate non superiori a 60.000 euro, è possibile presentare un rendiconto per cassa con indicazione aggregata di entrate e uscite. Queste modifiche mirano a ridurre gli oneri amministrativi, facilitando la gestione contabile degli enti più piccoli. Al contrario gli enti con personalità giuridica con entrate superiori a 60.000 euro, saranno tenuti a redigere il bilancio d’esercizio, composto da stato patrimoniale, rendiconto gestionale e relazione di missione.

7.    Nuove tempistiche per il deposito dei bilanci

La scadenza per il deposito dei bilanci degli enti del Terzo Settore è stata modificata: non più il 30 giugno fisso, ma entro 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario. Questa flessibilità consente una migliore organizzazione interna per l'approvazione e il deposito dei documenti contabili.

8.    Riduzione dei fondi per il Terzo Settore

La manovra prevede tagli significativi a vari fondi destinati al sociale:

•      Il Fondo per le politiche sociali è ridotto rispetto agli anni precedenti

•      Il Fondo per la lotta alla povertà subisce una diminuzione delle risorse disponibili

•      Il Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile viene azzerato, eliminando un'importante fonte di finanziamento per progetti educativi rivolti ai minori.

La stretta sul Terzo Settore è evidente e incomprensibile, ancor più per le imprese sociali. Se lo spirito della riforma del 2017 è stato quello di spingere molto sull’organizzazione, sulla capacità imprenditoriale e sulla capacità di rendicontazione mantenendo un equilibrio, ancorché non perfetto, tra sostegno pubblico ad attività riconosciute di valore sociale e richiesta di maggiore preparazione questa stretta pare una disattenzione per il welfare.

Le criticità della riforma

Nonostante le sue ambizioni iniziali, la riforma fiscale presenta alcune criticità. Una delle principali riguarda l’effettiva implementazione delle misure proposte, che richiederà un significativo sforzo di coordinamento tra istituzioni pubbliche, imprese e comunità locali. E se le premesse sono quelle viste in manovra non c’è molto da ben sperare.

C’è poi il rischio che le misure introdotte favoriscano soprattutto le imprese più strutturate, lasciando indietro quelle più piccole o meno organizzate. Per mitigare questo problema, sarà fondamentale garantire un adeguato supporto formativo e consulenziale alle imprese, così come un monitoraggio costante dell’impatto delle misure.

Conclusioni e prospettive future

La riforma fiscale rappresenta un’occasione unica per ripensare il ruolo delle imprese sociali e culturali in Italia. Le misure introdotte non solo offrono nuove opportunità di crescita economica, ma riconoscono anche l’importanza del valore sociale e culturale di queste realtà.

Per garantire il successo della riforma, sarà essenziale creare un contesto di collaborazione tra istituzioni, imprese e comunità locali, con l’obiettivo di promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo. Le imprese sociali e culturali devono prepararsi a cogliere queste opportunità, investendo in innovazione, formazione e partnership strategiche.

Per Einstein nel mezzo della difficoltà risiede l’opportunità. Si vede che di opportunità ce ne saranno molte.


Esperto in economia della cultura e della sostenibilità, arts management e gestione e organizzazione aziendale, è consulente, membro di cda e revisore di musei, teatri, gallerie d’arte, fondazioni, festival e associazioni culturali. Si occupa di consulenza e formazione per fondazioni bancarie, istituzioni pubbliche e private in materia in materia di terzo settore, gestione e organizzazione di istituzioni culturali e di mercato dell’arte. Co-fondatore e partner dello studio Lombard DCA di Milano e fondatore e curatore della rivista AES Arts+Economics. Professore a contratto in Economia del patrimonio culturale presso l’Università degli Studi di Bergamo. Tra le altre cariche è presidente della commissione di Economia della Cultura presso la Fondazione Nazionale di Ricerca dei Commercialisti, consulente per le politiche fiscali di Federculture, membro del gruppo di lavoro Bilancio sociale di ICOM Italia – International Council of Museums, consulente di ADEI – Associazione Degli Editori Indipendenti.