Perché ÆS
Pubblicato in ÆS Arts+Economics n°0, Aprile 2018
Cosa unisce le forme e i colori a regole e numeri? Perché scrivere di tasse e di leggi per parlare di arte? Non siamo pazzi, non siamo pionieri ma siamo fatti di passioni e mestiere, di pensieri e confronti, di sangue e di terra come gli altri. Come tutti.
Ci piace quindi pensare a «ÆS Arts+Economics» come una sorta di nuovo Cabaret Voltaire. Come i dadaisti viviamo in tempi complicati cui non ci rassegniamo e non accettiamo il ruolo in cui spesso siamo (e talvolta ci siamo) relegati. Come i dadaisti abbiamo «smesso di credere alla definizione delle cose partendo da un unico punto di vista, convinti del legame di tutte le cose fra di loro, convinti della complessività». Siamo seguaci delle idee, delle persone. Di tutto ciò che fa delle nostre professioni un centro di scambio, di studio e di vita. Perché non siamo ingranaggi di una burocrazia che non ci appartiene ma motori e progettisti. E come per Hugo Ball «il nostro Cabaret rappresenta un gesto e ci dice che questo tempo deprimente non è riuscito a guadagnarsi un po’ di rispetto da parte nostra».
Partendo dall’esperienza professionale e da quelle istituzionali ci è sembrato un passo inevitabile pensare a uno strumento che, mantenendo un approccio professionale e rigoroso (siamo particolarmente orgogliosi del nostro comitato scientifico) raccontato in maniera fruibile, esponga i temi legati al diritto, alla fiscalità e al mercato dell’arte. Un punto di vista diversificato che non funga solo da asettico racconto dell’esistente ma che sappia essere costante osservatorio, strumento tecnico e laboratorio propositivo: l’espressione di un punto di vista funzionale alle tecniche e alle professionalità sottostanti al mercato dell’arte. ÆS vuole essere questo. Osservazione e sperimentazione. Dada.