Rullino
di Roberto Di Puma
Rullino
s. m. [dim. di rullo]. – Piccolo rotolo di pellicola fotografica.
C’è un prima, un durante e un dopo nella vita e nella raffigurazione di una pellicola fotografica. Nascosta all’interno di un contenitore ermetico, poi esposta progressivamente a leggere intrusione di luce e infine srotolata in sequenze di immagini pronte alla visione o alla stampa.
All’inizio una striscia di poliestere su cui si sovrappongono diversi strati - nel caso di pellicole a colori- di una emulsione di microcristalli sensibili alle diverse frequenze di luce.
Poi, se la pellicola viene sottoposta ad una esposizione di luce si imprime su di essa una immagine che rimane non visibile e per questo viene definita immagine latente. Utilizzando una macchina fotografica l’esposizione di luce sarà controllata attraverso l’obiettivo e la ripresa sarà carica dell’intenzionalità e dello sguardo dell’utilizzatore.
Infine, grazie ad una serie di trattamenti chimici l’immagine diventerà visibile e non più sensibile ad ulteriori esposizioni alla luce.
La pellicola fotografica è stata per tutto il ‘900 il supporto enormemente più diffuso per memorizzare le immagini ottiche. Formati, sensibilità, durata sono stati codificati in protocolli rigorosi e in abitudini consolidate.
La pellicola più diffusa, da 35 mm, ha una derivazione dalle pellicole cinematografiche e garantisce l’avanzamento nel corpo della macchina fotografica con un sistema di perforazioni, 8 nella parte superiore del fotogramma e 8 in quella inferiore. Le perforazioni sono quelle che dettano il distanziamento tra un fotogramma e l’altro.
Ognuno a questo punto avrà ben evidente qualche ricordo o la consuetudine d’uso di questo diffuso, consolidato ed efficace supporto al servizio della memoria individuale, familiare e collettiva nonché degli usi professionali ed artistici.
Il lavoro di Amelia Dely e Tanguy Bombonera utilizza la pellicola fotografica e gli strumenti atti al suo utilizzo con disinvolta pratica sperimentale intervenendo su tutta la didattica della fotografia analogica modificandone le regole.
La fotografia analogica con esposizione multipla non è una procedura nuova né una pratica originale ed è stata prevalentemente usata per generare un controllo sull’immagine finale a scopo artistico o di comunicazione. Comprimere in un unico fotogramma spazi separati e momenti di tempo diversi amplifica la rappresentazione e il senso di cui l’immagine finale è veicolo.
Lo scambio dei rullini, l’uso di due diverse macchine fotografiche con caratteristiche estremamente diverse (la fotocamera View Master che registra due diverse immagini sullo stesso fotogramma), la distanza di tempo in cui gli scatti sono stati fatti dai due fotografi, l’utilizzo di pellicole ormai scadute, cambiano il paradigma legato al risultato dell’azione fotografica e alla rappresentazione della realtà in un momento e in luogo definiti.
La sequenza delle riprese fotografiche perde controllo e le intenzionalità si sommano in immagini continue che solo un successivo lavoro di ricerca e taglio potrà definire e presentare.
Ecco, il rullino scandito da perforazioni regolari e da immagini scadenzate ritmicamente da margini definiti e attesi non c’è più. Irrompe una nuova sequenza frutto di sovrapposizioni ed interruzioni inaspettate. È un nuovo materiale quello che si presenta allo sguardo onirico (come racconta James Bradburne nella bella introduzione al volume “Fortuiti scorci di luce e vedute taciturne”) e insieme un deposito di memorie non ancora selezionate, un laboratorio di desideri, un progetto da decodificare, una involontaria sequenza poetica.
Le immagini che alla fine possiamo vedere stampate in mostra sono il tentativo di guardare e individuare nel flusso continuo della pellicola degli spezzoni - ottenuti con forbici e senza titubanze- con un nuovo senso, una sommatoria di esperienze e interazioni tra cui scegliere. Al di là dei margini e dentro l’interezza delle nostre vite.
Roberto Di Puma è Presidente della società Bonvini1909 e tra i Soci Fondatori di Moleskine Foundation e Fondazione Terzoluogo.