Sustainability governance: nuovi paradigmi per il management d’impresa
di Roberta Ghilardi
Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione nei confronti della sostenibilità da parte delle persone, del legislatore e degli investitori, anche come conseguenza dei forti impatti dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta e delle mutate esigenze e aspettative di vita delle persone nel “new normal” post-Covid-19. Le imprese sono dunque chiamate ad agire per contribuire allo sviluppo sostenibile, for - nendo inoltre informazioni chiare e trasparenti sulle proprie performance ESG (Environmental, Social e Governance). Performance che dipendono da strate - gie, azioni e procedure che devono necessariamente portare alla definizione di nuovi modelli di governance aziendale, in grado di tenere conto di un mutato contesto economico e di mercato, in cui la sostenibilità diventa carta vincente per il posizionamento e la capacità operativa delle imprese.
Per la definizione di una solida governance di sostenibilità, da intendersi come sistema organico di politiche, procedure e strategie, è fondamentale partire dall’auto-analisi delle proprie performance “as is”, per identificare le aree in cui sia possibile migliorare, le azioni da intraprendere e gli strumenti da implementare, inclusa la definizione di nuovi ruoli e responsabilità, per il raggiungimento degli obiettivi di business.
L’evoluzione nelle imprese di una governance di sostenibilità è stata incentivata negli ultimi anni dagli obblighi derivanti dalla Non Financial Reporting Directive (NFRD) pubblicata dalla Commissione Europea nel 2014. La Direttiva prevede infatti che le grandi imprese forniscano informazioni relative a impatti ambientali, impatti sociali, risorse umane, rispetto dei diritti umani e anticorruzione. È così possibile conoscere, con adeguato dettaglio, il modello di business e le policy adottate in relazione ai temi di sostenibilità materiali (ovvero rilevanti), le modalità di gestione dei rischi e le performance ESG, queste ultime declinate attraverso indicatori elaborati in base a framework riconosciuti a livello internazionale. Un approccio ancora circoscritto, ma già sufficiente a fornire un quadro più realistico della capacità di generare valore nel tempo.
Nei prossimi anni tali obblighi verranno estesi a una platea più ampia di imprese, favorendo l’attivazione di processi virtuosi in termini di sviluppo sostenibile, come meglio approfondito nelle righe seguenti.
Il 21 aprile 2021, la Commissione europea ha infatti pubblicato una proposta di aggiornamento e revisione della NFRD, che ha portato alla fine del 2022 all’approvazione della nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). La CSRD è un elemento chiave della politica europea sulla finanza sostenibile, e comprende una serie di misure volte a migliorare il flusso di capitali verso attività sostenibili in tutta l’Unione Europea. La nuova Direttiva, in particolare, amplia la platea di soggetti obbligati al reporting di sostenibilità comprendendo tutte le aziende di grandi dimensioni (includendo anche i non “enti di interesse pubblico”) e le PMI quotate, ponendo particolare attenzione agli impatti ESG dell’intera catena del valore connessa alle imprese. Anche le aziende non soggette a normativa, tra cui in particolare le PMI non quotate, avranno dunque la necessità di attivare strumenti di reporting per rispondere alle esigenze informative di clienti e di altri business partner, rientranti invece nel perimetro di applicazione della CSRD. Altro elemento di discontinuità con la normativa vigente è che la CSRD introduce l’obbligo di definire e comunicare annualmente strategie e piani di sostenibilità per il futuro, riguardanti tutti i fattori ESG, creando nuova complessità per i CdA e il management delle aziende.
Tali obblighi determinano il ricorso a una modalità strutturata di raccolta, analisi e disclosure delle performance ESG, indispensabile per conseguire un uso razionale ed efficiente delle risorse impiegate (tecnologiche, naturali, professionali, finanziarie, relazionali) e, più ancora, per riflettere sulla coerenza tra il proprio modello di business, le evoluzioni del mercato e il futuro aziendale. Ovvero: per valutare se l’indirizzo strategico dell’impresa, che i dati patrimoniali, economici e finanziari ben rappresentano nel breve periodo, sia in grado di generare stabilmente valore anche nel lungo periodo. Soltanto grazie ad una attenta analisi delle performance a consuntivo risulta possibile definire obiettivi ESG per il futuro, integrati ai più ampi obiettivi di business, fornendo al contempo a tutti gli stakeholder uno strumento adeguato a comprendere al meglio tali prospettive. L’obbligo di pubblicare informazioni e di definire obiettivi in relazione ad aspetti non finanziari, che si colloca in un più ampio un contesto normativo sempre più stringente in materia di sostenibilità e contrasto al “green washing”, aiuta ad identificare le forti relazioni esistenti tra tutti i fattori ESG e le performance economiche e di business delle aziende.
Questo favorisce la consapevolezza della necessità di identificare nuovi ruoli e responsabilità interni all’azienda.
In questo senso risultano già evidenti gli effetti degli obblighi di reporting per molte aziende italiane rientranti nel perimetro di applicazione della NFRD, che si stanno sempre più strutturando per affrontare le nuove sfide poste dal contesto odierno. Molte grandi aziende stanno infatti iniziando a definire nuovi ruoli manageriali per affrontare i rischi e cogliere le opportunità correlati ai temi ESG rilevanti per le specificità del proprio business, prioritizzando spesso le questioni di sostenibilità più urgenti, tra cui in particolare il cambiamento climatico, l’evoluzione della tecnologia, il dinamico cambiamento delle condizioni economiche globali, la sicurezza informatica. Le aziende devono quindi dotarsi di figure in grado di comprendere i cambiamenti in corso e identificare le linee strategiche da adottare per mitigare i rischi e cogliere le opportunità derivanti da un panorama internazionale in cui si presta crescente attenzione alle esigenze di tutti i principali stakeholder d’impresa, non solo gli azionisti.
Il ruolo del Responsabile per la Sostenibilità (da intendersi nella sua ampia accezione ESG), spesso Sustainability Manager o, per le realtà più evolute, Chief Sustainability Officer (“CSO”), sta crescendo in termini di rilevanza e centralità strategica. Il suo compito è quello di interpretare i cambiamenti dell’ambiente esterno che influiscono sullo sviluppo sostenibile dell’azienda, per definire conseguentemente strategie, politiche e azioni, volte a garantire la sopravvivenza a lungo termine dell’organizzazione.
Sulla base di alcuni studi ed osservazioni sulle dinamiche di mercato, sembrano esserci tre “punti di svolta” nelle organizzazioni che possono precedere la nomina un responsabile della sostenibilità, sia incaricando una figura già presente in azienda, sia introducendo nel tessuto aziendale una nuova figura dedicata. Il primo punto di svolta è rappresentato dalla velocità del cambiamento esterno rispetto a quello interno: quando il mondo esterno ad un’organizzazione cambia più rapidamente che all’interno, è necessario che vi sia una figura che guidi e aiuti l’organizzazione a tenere il passo, o almeno ad adeguarsi, ai ritmi del cambiamento. Seguono le aspettative degli stakeholder, che possono ridisegnare i confini dell’azienda o del relativo mercato, rendendo necessaria la nomina di una figura in grado di cogliere gli input provenienti dalle diverse categorie di soggetti con cui l’azienda si rapporta nel quotidiano. L’ultimo punto di svolta, spesso anche derivante da emergenti obblighi normativi connessi al reporting, avviene quando l’organizzazione riconosce la strategicità dei rischi ESG. Poiché i rischi ESG determinano importanti cambiamenti del mercato e richiedono risposte decise da parte delle autorità di regolamentazione, le organizzazioni devono attivare un comportamento adattivo per meglio poter rispondere alle sfide esterne. Per molte aziende risulta quindi vantaggioso dotarsi di una figura in grado di influire su una serie di aree funzionali in maniera trasversale, rispondendo alle necessità di educare i colleghi, orchestrare il cambiamento ed “unire” diversi elementi organizzativi. Il ruolo di un Sustainability Manager contribuisce infatti a dare forma a strategie di sostenibilità innovative, relazionarsi in modo nuovo con gli stakeholder e rendere distintivo il portafoglio prodotti o servizi in relazione a rischi ed opportunità ESG, attuali e potenziali. Questo rende il compito del Sustainability Manager eterogeneo e dinamico, in grado di relazionarsi sinergicamente con il CdA per temi connessi alla strategia e con tutti gli stakeholder d’impresa, con eventuale supporto di un team dedicato.
Fondamentale è inoltre il ruolo del Sustainability Manager in momenti di cambiamenti repentini, come nel caso dell’avvento della pandemia da COVID-19 o nello scoppio del conflitto russo-ucraino con la conseguente crisi energetica. Lo sviluppo o la revisione della strategia a medio-lungo termine in momenti di grande cambiamento rappresenta infatti l’occasione per esplorare le opportunità legate alle discontinuità operative e per individuare quei fattori evolutivi su cui costruire un nuovo modello di sviluppo economico-sociale più resiliente e capace di rispondere alle nuove sfide poste dal contesto d’impresa.
In questo momento di disruption, la sostenibilità deve svolgere un ruolo di abilitatore per la creazione di valore e la continuità del business aziendale. La mancata gestione degli aspetti ESG rischia di essere un ulteriore costo finanziario nel medio-lungo periodo per le aziende, già messe a dura prova dal contesto macroeconomico. Il Sustainability Manager, promotore del cambiamento, ha il compito di mettere a sistema tutte quelle iniziative che possono aiutare l’organiz- 82 83 zazione ad essere più flessibile e resiliente, in modo da trasformare, per quanto possibile, la disruption causata da questi eventi in un’opportunità di crescita. In questo contesto di mutevole cambiamento, altro compito del Sustainability Manager è quello di aggiornare la strategia di sostenibilità effettuando check-up periodici, necessari al fine di cogliere i mutamenti del contesto di riferimento e i loro impatti, anche rispetto agli obiettivi e i target di sostenibilità già fissati.
Il Sustainability Manager deve inoltre assicurarsi che la comunicazione verso tutti gli stakeholder sia puntuale, coerente con il purpose aziendale, e, soprattutto, autentica. Per ottenere una maggiore comprensione e una comunicazione sempre più efficace degli outcome e delle esternalità generate dall’organizzazione, la misurazione e il reporting degli impatti risulta fondamentale, poiché in grado di fornire una storyline autentica e credibile sul posizionamento dell’impresa riguardo a tematiche quali il cambiamento climatico, la tutela, salute e sicurezza dei propri dipendenti e collaboratori, l’attenzione alle comunità e in generale la responsabilità sociale d’impresa. Infine, risulta fondamentale il rapporto con la catena di fornitura: le sfide sociali e climatiche mettono in seria discussione il modello tradizionale di gestione del rapporto con il fornitore, rendendo necessaria una collaborazione attiva lungo tutta la catena di creazione del valore, al fine di raggiungere una maggiore flessibilità e non rischiare di perdere partner chiave a causa delle crisi. Il Sustainability Manager deve essere pronto ad una collaborazione continua con le funzioni di Risk Management e di gestione della supply chain, e deve cogliere l’occasione di ripensare il rapporto con il fornitore rendendo la sostenibilità il motore per la creazione di valore lungo tutta la catena di fornitura. È auspicabile attendersi un progressivo rafforzamento della governance di sostenibilità in tutte le imprese, per garantire la coerenza e coesione dell’azione in ambito ESG e generare resilienza trasformativa attraverso la definizione di nuove strategie ed azioni, favorendo il successo sostenibile nel medio-lungo termine, a beneficio di tutti gli stakeholder.
Roberta Ghilardi è entrata in Deloitte & Touche S.p.A. nel 2017, dove oggi è Sustainability manager e Marketing & Eminence manager, oltre ad essere membro della Service Line Offering Art & Finance di Deloitte Private.