Sustainable cultural management & policy: quattro giorni di confronto internazionale a Bologna
di Beatrice Carrara
Quante domande ci vengono in mente quando sentiamo parlare di sostenibilità culturale? Tante. Troppe. E ciò che rende il tema più affascinante è che la sostenibilità culturale può essere perseguita in modi diversi: attraverso azioni, discipline, visioni e pratiche peculiari a seconda del territorio e dell’istituzione in cui si opera, seppur tutte accomunate dal coraggio di costruire una cultura della sostenibilità solida, autentica e trasformativa.
Dal 14 al 17 aprile si è tenuto un corso intensivo in “Sustainable Cultural Management and Policy”, organizzato da ENCATC Academy (European Network on Cultural Management and Policy), che ha trasformato Bologna in un laboratorio internazionale dedicato alle tematiche e alle azioni inerenti alla sostenibilità nell’ambito culturale.
Una delle questioni emerse con più forza è il divario ancora presente tra teoria e pratica, tra il pensiero e l'azione. Parlare di strategie sostenibili nel settore culturale è stimolante, ma tradurle in azioni si rivela ben più complesso. Con l’intervento di Dea Vidović è stato approfondito come fondazioni ed enti pubblici stiano ripensando le proprie strategie per sostenere iniziative culturali più responsabili, e quali siano le diverse azioni da cui si può – e si deve – iniziare per una trasformazione interna delle organizzazioni culturali.
Anche l’intervento di Paolo Ferri e Roberta Ferrarini, ricercatori dell’Università di Bologna, ha evidenziato questo ostacolo. Al centro, le sfide della sostenibilità nei siti UNESCO, con la proposta di un framework gestionale che va dalla pianificazione al controllo, sottolineando le condizioni necessarie affinché la sostenibilità non resti un principio astratto, ma diventi una pratica viva nelle organizzazioni culturali.



Immagini dal profilo Instagram di Encatc
Politiche culturali, pragmatismo e visioni concrete
Iphigenia Taxopoulou ha portato i partecipanti nel vivo delle politiche culturali europee, tra Green Deal, Accordi di Parigi e casi studio di strategie nazionali che dimostrano come – anche, e soprattutto, nel mondo della cultura – si possa davvero fare la differenza.
È stata anche un'occasione per progettare iniziative culturali sostenibili, partendo dalla questione dell’impiego dello scarto nelle esibizioni e confrontandosi con risorse limitate e la volontà di creare impatti ambientali e sociali concreti.
Nel frattempo, Herman Bashiron Mendolicchio ha invitato i partecipanti a riflettere sulle abitudini di mobilità: quanti aerei hanno preso quest’anno? Erano davvero necessari? Un esercizio utile, un po’ scomodo ma inevitabile, che ha spinto a ripensare alle scelte individuali e professionali in chiave più consapevole e sostenibile.
Cultura, benessere e reti che funzionano
Tra i momenti ritenuti più stimolanti, la sessione dedicata al benessere come leva per la trasformazione sostenibile: l’ambito culturale gioca un ruolo fondamentale nel costruire comunità più sane, inclusive e resilienti. Ma questo richiede visione strategica, monitoraggio degli impatti, coerenza e attenzione reale alle comunità cui ci si rivolge.
Non meno importante è stata la riflessione sul ruolo delle reti. Herman Bashiron Mendolicchio (ENCATC) e Margherita Sani (NEMO) hanno messo luce sul potere delle reti culturali nel promuovere la sostenibilità: strumenti per lo scambio di conoscenze, ma anche per incidere sulle politiche pubbliche.
Infine, Vânia Rodrigues ha offerto una lettura critica dell’eco-responsabilità nelle istituzioni culturali, interrogandosi sul loro ruolo nella crisi ecologica: chi ha la responsabilità? È solo l’azione individuale quotidiana che può risolvere la situazione? La sua riflessione ha ricordato che non basta perseguire le linee guida sostenibili promosse dalle organizzazioni nazionali: è necessario avere uno sguardo critico verso di esse, metterle in discussione, immaginare diverse modalità di fare sostenibilità e monitorare il progresso, chiedendosi sempre come possiamo farlo diversamente e perché lo stiamo facendo.





La sostenibilità come processo collettivo
Oltre agli approfondimenti teorici, il programma ha previsto anche visite studio a luoghi simbolo della Bologna sostenibile: Serra madre-Le Serre dei Giardini, il progetto di recupero Reuse with Love e il Museo MAMbo. Spazi diversi, con storie diverse, ma con un elemento in comune: dimostrano che la sostenibilità culturale non è un concetto astratto, ma qualcosa di possibile. Con tutte le sue complessità, certo, ma anche con un potenziale trasformativo enorme, se affrontata con serietà, creatività e impegno.
E forse il valore più grande di queste giornate è stato proprio il piacere dello stare insieme: ricercatori, museologi, manager culturali, studenti, operatori e formatori – provenienti da 15 Paesi diversi – uniti nella diversità dei ruoli e dei percorsi, hanno trovato uno spazio comune per costruire un linguaggio condiviso intorno alla sostenibilità culturale.
Forse è proprio questo uno dei punti di contatto più forti tra cultura e sostenibilità: la diversità come valore e la collaborazione come motore. Dobbiamo allenarci ad accogliere altri punti di vista, a immaginare futuri differenti e a costruire, insieme, traiettorie concrete per un cambiamento che non può più attendere.
In questo senso, possiamo rispondere alla domanda – ancora poco scontata – “a cosa serve la cultura nella sostenibilità?” Serve perché la crisi ecologica è anche una crisi culturale. Dobbiamo ripensare i modi in cui facciamo cultura per generare impatti diversi, a beneficio delle persone e dell’ambiente. E dobbiamo interrogarci, con onestà, anche su come intendiamo perseguire la sostenibilità, per renderla un processo continuativo e di crescita non solo dal punto di vista economico ma anche – e soprattutto – al servizio delle persone e dell’ambiente che ci circonda.
Grazie a ENCATC per aver creato lo spazio e l’occasione per confrontarsi, condividere idee, fatiche e – perché no – anche qualche risata. Torniamo a casa con una certezza: la sostenibilità culturale non si costruisce da soli, né in un giorno. Non è un traguardo, ma un processo continuo, collettivo, aperto e non lineare. Ma si può – e si deve – iniziare subito. Perché, come qualcuno ha detto, se non abbiamo un piano, non avremo un pianeta.
Beatrice Carrara è una storica dell’arte e studentessa magistrale presso l’Università degli Studi di Bergamo, dove approfondisce i temi legati alla valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale. Attualmente svolge uno stage presso Studio Lombard DCA, occupandosi della redazione di bilanci sociali e di sostenibilità, e di attività di ricerca sul mercato dell’arte.
