di Francesca Valan

La comprensione del mondo inizia con la lettura dei margini, il contorno tra le figure e lo spazio.  Nel primo mese di vita il bambino inizia a creare il suo data-base del mondo e concentra la sua attenzione sulle figure indagando i margini. In tre mesi la sua attenzione passa dal contorno delle figure alle superfici interne. I suoi occhi si fissano sui contorni degli oggetti che hanno il maggior contenuto di informazioni. Appena nato il bambino preferisce figure piatte, molto contrastate e relativamente semplici, poi crescendo apprezzerà forme più complesse, volumi e sfumature di colori.

Un bambino appena nato, che deve completare lo sviluppo del suo sistema visivo, inizia a distinguere gli oggetti per differenze di luminosità ed è attirato dalle cose in movimento, poi si concentra sulle figure e sulle forme. L’ultima fase dello sviluppo percettivo è dedicata al colore, ma la forma sarà sempre privilegiata perché più “informativa” del colore.

Il riconoscimento delle forme è propedeutico a quello del linguaggio, le figure che il bambino vede e riconosce saranno nominate in seguito: ogni forma conosciuta diventerà una parola. Le forme acquisite arricchiscono, quindi, sia il suo vocabolario visivo, che quello linguistico: il linguaggio verbale che svilupperà sarà tanto più ricco quante più informazioni visive avrà accumulato nella fase prelinguistica. Diventa, quindi, molto importante fornire al bambino immagini da osservare adeguate alle capacità visive e cognitive di ogni suo stadio di crescita.  

Il margine degli oggetti e delle forme rappresentate diventa nei primi mesi un elemento importantissimo; è percorrendo, scansionando il contorno degli oggetti che sarà in grado di acquisire le forme. Perché sia in grado di vedere, i margini, lo spessore e il contrasto devono essere adeguati alla sua capacità visiva; perché sia in grado di capire ciò che vede, le forme devono essere semplici e bidimensionali nei primi mesi e diventare più articolate e complesse con la crescita.

Ad esempio, alla nascita il campo visivo del bambino è molto ristretto (circa 30° in senso orizzontale e verticale) e la sua acuità visiva è bassissima (05 decimi). Le figure che può vedere devono essere piatte, geometriche, molto semplici e di dimensioni adatte per rientrare nel suo campo visivo. I margini devono essere molto spessi e contrastati, (1,2 mm nero su campo bianco).

Le forme possono diventare più iconiche e informative (sempre bidimensionali) e i margini diventare più sottili (0,5 mm nero su campo bianco) o meno contrastati già a tre mesi di età.

Forme troppo complesse non verranno comprese né elaborate come informazioni: il bambino le abbandonerà perché troppo faticose. Forme troppo semplici non sono informative e non aumenteranno le sue capacità cognitive: il bambino le ignorerà perché poco interessanti.

Ad esempio, le figure tridimensionali di un libro sono incomprensibili ad un bambino di sei mesi che è in grado di interpretare solo le figure bidimensionali. Sono, invece, adatte ad un bambino di un anno, che è in grado di capire la terza dimensione perché l’ha sperimentata camminando e muovendosi autonomamente nello spazio.

In ogni fase di crescita il bambino affronta e supera delle tappe, dalla visione in bianco e nero bidimensionale alla visione a colori tridimensionale, dalla lettura dei bordi a quella delle forme più complesse, dalle figure reali a quelle simboliche come la strega o il fantasma.

Ogni età ha bisogno di nuovi stimoli.

Un bambino può conoscere tutto ciò che vede e comprende: tutto ciò che conosce determina la sua intelligenza culturale. Semplificando, lo sviluppo percettivo può essere scandito in tre fasi:

I fase, da 0 a 3 anni – l’attenzione del bambino è posta sulla forma.

In questa fase gli elementi strutturali della forma sono più importanti del colore.

Solo quando le forme sono molti semplici, già conosciute e quindi non più informative, come ad esempio un cerchio, viene privilegiata la lettura del colore a quella della forma.

L’apparato visivo nei primi mesi di vita risente in maniera determinante dell’influenza ambientale: la maturazione visiva è strettamente legata allo stimolo.

II fase, da 3 a 5 anni – l’attenzione del bambino è posta sul colore.

In questa fase il bambino conosce già il mondo delle forme e, quindi, l’attenzione si sposta sul colore. Nelle sue scelte il colore diventa l’elemento più importante, mentre la forma assume un ruolo secondario. Forme uguali ma di diverso colore vengono percepite come diverse, viceversa, forme diverse ma dello stesso colore vengono percepite come uguali.

Di fronte a forme nuove l’attenzione sarà sempre dedicata alla forma.

III fase dopo i 5 anni – la forma torna ad essere predominante sul colore.

Dopo i cinque anni, in coincidenza con l’inizio della scuola, e con la necessità di distinguere diversi caratteri per imparare a leggere e a scrivere gli aspetti metrici della forma tornano ad avere la priorità sul colore. La sua esperienza dei contorni diventa utilissima per leggere le lettere, imparare l’alfabeto. Unire i puntini o tracciare disegni sempre più piccoli li aiuta ad arrivare ai caratteri, le forme diventano lettere. I nuovi margini da leggere capire e superare sono ora le parole.

Un bambino a cinque anni ha già imparato a leggere i margini, i libri da colorare con i margini da rispettare non sono più informativi. L’attività manuale che mira a educare la mano a rispettare margini prestabiliti promuove un atteggiamento mentale troppo passivo.  Il bambino dovrebbe essere stimolato a rappresentare le sue forme, a tracciare i suoi bordi, a definire nuovi margini.

Picasso da piccolo disegnava come Raffaello, certo non si limitava a riempire forme disegnate da altri. La storia dell’arte è puntellata di successi di artisti che hanno superato i confini: gli Impressionisti hanno eroso il margine tra la figura e lo sfondo, i Neoimpressionisti lo hanno dissolto in nuvole di punti; Munch ha, addirittura, cancellato i margini tra ciò che vedeva e quello che sentiva, tra visione ed emozione.

Francesca Valan ha studiato Industrial Design allo IED di Milano ed è specializzata nella progettazione dei colori, dei materiali e delle finiture (CMF Design). Vive e lavora a Milano. È socia fondatrice e membro del comitato di presidenza del Gruppo del Colore, associazione italiana per la promozione della cultura del colore. Definisce la strategia per l’Identità cromatica di diverse tipologie di prodotti: dai computer ai mobili d’ufficio, dagli elettrodomestici agli articoli sportivi, dalle vernici ai giochi per l’infanzia. Ha vinto il Premio Nazionale Infanzia “Spazi e arredi per le istituzioni educative” Piccolo Plauto 2013. Ha redatto le Linee Guida per il Piano Colore della città di Milano. I suoi lavori sono pubblicati in riviste e libri di architettura e design. Insegna progettazione del colore al Politecnico di Milano, all’Istituto Europeo di Design di Milano (IED) e alla Scuola Politecnica di Milano (SPD). Tiene lezioni, seminari e workshop sulla progettazione del colore in diverse università in Italia e all’estero.